Il luogo del duplice omicidio

Il vero lavoro di Zhou Zeng e della moglie, il ruolo che ricoprivano nella comunità cinese di Tor Pignattara, la reale dinamica di un fatto di sangue che ha sconvolto la capitale e che con il passare delle ore sembra ingarbugliarsi sempre più. Sono gli elementi su cui si indaga senza sosta per cercare di risalire ai motivi che hanno portato al duplice omicidio del commerciante cinese di 31 anni e di sua figlia di appena sei mesi. A neanche tre giorni da quell’unico colpo di pistola che ha ucciso due persone in via Alò Giovannoli, il lavoro degli inquirenti sembrerebbe vicino alla chiusura del cerchio. La svolta è arrivata ieri, con il ritrovamento della borsa di Lia Zeng, 26 anni, consorte del commerciante ucciso: era stata abbandonata in un casolare disabitato, a circa due chilometri dal luogo del delitto e poco distante da una tendopoli. Tuttavia non è il luogo del ritrovamento, bensì il contenuto della borsa a infittire il giallo di quella che sembrava una rapina finita male, ma che ora potrebbe assumere contorni ben diversi. All’interno, infatti, gli inquirenti hanno trovato circa 16mila euro in contanti, i caschi usati per il colpo, una maglia nera sporca di sangue e il telefono cellulare della donna, il cui segnale ha permesso agli investigatori di recuperare il tutto.

Ed è proprio quell’ingente somma a cambiare le carte in tavola: perché i rapinatori l’avrebbero abbandonata dopo aver messo a segno il colpo? Chi erano i malviventi che prima hanno ucciso e poi non hanno tenuto il bottino? Da dove arrivano e di chi erano tutti quei soldi? Per rispondere a queste e ad altre domande sarà fondamentale la testimonianza dell’unica superstite dell’agguato, ovvero Lia Zeng, madre e moglie delle due vittime. Dal letto d’ospedale dove è ricoverata, la 26enne cinese nelle ultime ore ha cambiato versione sui fatti e fornito nuovi dettaglia agli inquirenti. Innanzitutto lo slang dei rapinatori. “Parlavano in italiano o comunque dall’accento potrebbero essere dell’est-Europa” ha detto la ragazza, che nella prima ricostruzione dopo il duplice omicidio si era detta sicura della forte cadenza romana di chi ha sparato.

La circostanza che i malviventi possano essere stranieri, inoltre, si lega ad altre informazioni che Lia Zeng ha fornito agli investigatori. La donna, ad esempio, ha ammesso di essere a conoscenza del contenuto della sua borsa e ha spiegato perché lui e il marito avevano con loro una simile somma. Sia lei che il consorte, infatti, non gestivano ‘solo’ il bar di via Casilina: quella era solo un modo per arrotondare. “Ho mentito – ha detto agli inquirenti -. Quei soldi non sono l’incasso del bar, ma vengono dalla nostra attività di money transfer in cui raccogliamo denaro da per trasferirlo all’estero, soprattutto ai nostri connazionali”. Lia Zeng, inoltre, ha aggiunto di essere un punto di riferimento per la comunità cinese di Tor Pignattara: lei si fida di loro, loro si fidano di lei. A quanto pare, però, nel giro di soldi potrebbero essere finiti non solo quelli dei clandestini asiatici, bensì anche i proventi di attività poco pulite. Su questo, però, l’unica superstite dell’agguato non ha saputo (o voluto?) rispondere: ha detto che loro aiutavano tutti, “anche quelli che non potevano figurare come emittenti delle transazioni”. Che tra questi ci siano o meno personaggi sospetti è un’eventualità tutta da chiarire.

Alla luce del vero impiego degli Zeng, però, l’agguato (e i suoi autori) assume un’altra luce: con tutta probabilità, chi ha colpito sapeva che la coppia aveva con sé quasi ventimila euro (la cifra, del resto, potrebbe esser stata anche superiore: non è detto che i criminali abbiano abbandonato tutto il bottino). Gli inquirenti, inoltre, stanno vagliando anche un’altra pista, ovvero che il grande giro d’affari degli Zeng possa aver dato fastidio a qualcuno. Anche su questo dovrà rispondere la 26enne cinese, che agli inquirenti ha raccontato di aver subito pesanti minacce sette mesi fa. A giugno scorso, infatti, nel loro bar si presentarono alcuni personaggi che secondo la donna parlavano con accento campano: volevano ‘piazzare’ nell’esercizio commerciale le loro slot machine e, al diniego di Zhou Zeng, sarebbero seguite minacce sempre più pressanti. In un caso (giro d’affari molesto) o nell’altro (la storia dei napoletani) – e considerato l’abbandono del bottino -, la rapina potrebbe esser stato un avvertimento conclusosi in tragedia.

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