Il pugile campano Clemente Russo

“Il passaggio di atleti tra i gruppi sportivi militari non può essere considerato un segnale positivo per lo sport italiano. Si sceglie un atleta che ha già un percorso sportivo, invece di privilegiare l’ingresso di nuove professionalità. Chi ci rimette è tutto il movimento, che non si sviluppa come potrebbe”. Parola del generale Rinaldo Sistili, capo ufficio collegamento tra le Forze armate e il Coni, che a ilfattoquotidiano.it spiega perché si dovrebbe regolamentare in modo diverso il trasferimento degli atleti made in Italy da un’arma all’altra.

Tutto nasce dal comunicato stampa pubblicato ieri dalla Polizia penitenziaria sul proprio sito web. Nella nota si annuncia l’arrivo di “15 nuovi campioni militanti in 11 diverse discipline”, che andranno così a difendere i colori del gruppo sportivo delle Fiamme azzurre. Tra loro, anche tre sportivi di prima fascia: Aldo Montano, Clemente Russo e Vincenzo Mangiacapre. Cosa c’è che non torna? La sensazione – ma a quanto pare è molto più di un sospetto – è che esista un mercato di atleti anche tra le forze armate, in cerca del campione che possa dare lustro alla divisa che indossa. Perché vincere piace a tutti, anche a chi porta i galloni da militare.

Dei tre fuoriclasse sopra citati, è il caso di Vincenzo Mangiacapre a creare i mugugni più rumorosi. Perché se è vero che l’ex carabiniere Aldo Montano e l’ex poliziotto Clemente Russo avevano già da qualche tempo deciso di cambiare divisa, non si può dire altrettanto del pugile 22enne di Marcianise, che soltanto nel mese di ottobre aveva conquistato il bronzo ai Mondiali di Baku con la casacca dell’esercito e che poi, pochi giorni dopo, ha scelto di presentare la propria candidatura per il concorso delle Fiamme Azzurre le quali, guarda un po’, cercavano proprio pugili con il suo profilo. Affare fatto. Mangiacapre andrà a Londra con la Polizia penitenziaria e non con l’Esercito, che pure gli aveva permesso di qualificarsi per le Olimpiadi.

I gruppi sportivi militari sono in agitazione, perché vedersi soffiare il campione sul quale si è investito denaro ed energie con manovre che ricordano il mercato delle stelle dei calciatori non deve fare piacere. Il segretario generale del Coni, Lello Pagnozzi, ha fatto sapere che “l’argomento va approfondito con calma”, rimandando la discussione ai prossimi giorni, quando la situazione sarà più chiara. La via d’uscita arriva dal generale Sestili: “Abbiamo preparato un progetto da presentare alle federazioni. Crediamo sarebbe opportuno inserire nei loro statuti il vincolo della richiesta del nulla osta per il trasferimento degli atleti. Civili o militari, senza alcuna distinzione. Anche se per i civili in buona parte questa norma è già prevista, mentre non lo è affatto per i militari. Certo, non possiamo limitare la libertà delle persone, che sono libere di partecipare ai concorsi che desiderano, ma da qualche parte bisogna pur iniziare”.

Le motivazioni che spingono un atleta a cambiare divisa sono diverse. Ma al primo posto c’è spesso la convenienza economica, come prevedibile. “Vero, ma bisogna tenere conto anche di cosa accade al termine della carriera sportiva – chiarisce Sestili -. Perché non tutti potranno impegnarsi come tecnici o allenatori e allora dovranno tornare a svolgere un incarico nell’arma di cui fanno parte. Da questo punto di vista, non v’è dubbio che sia meglio fare l’agente della Guardia di finanza piuttosto che il soldato semplice dentro la garitta. Cambiano le condizioni di lavoro, cambiano le prospettive. Ciò detto, il vero problema è un altro. E cioè quando si fa entrare in un gruppo sportivo militare un atleta di 34 anni”. Questione da girare a chi di dovere, magari al Coni. “Io la farei al ministro che permette che queste cose accadano…”.

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