La passione ti travolge, ti inebria e ti spinge dove spesso non si avrebbe il coraggio. Alla Dakar la passione ti seppellisce. Appena tre tappe e si contano già tre morti, un pilota in fin di vita e due animali investiti. L’edizione 2012 del famosissimo Raid, dunque, è partita davvero sotto i peggiori auspici. Quasi a confermare l’ombra nera che fin dalla sua prima edizione l’ha resa “celebre” per le numerose morti: 59 su 33 edizioni.

Su quel maledetto tracciato hanno perso la vita piloti, meccanici, giornalisti, spettatori e anche animali. Chi per incidente, chi mentre si allacciava il casco, chi addirittura raggiunto da una pallottola. E c’è anche chi è saltato in aria su una mina. Ben 15 dei 25 piloti deceduti erano, curiosamente, francesi. Nel 2005 è toccato anche al nostro Fabrizio Meoni, che aveva deciso di chiudere con le corse proprio quell’anno.

Allora si decise di fare qualcosa. Nel 2009, proprio per motivi di sicurezza, l’allora Parigi-Dakar fu spostata in Sud America. In quella stessa edizione il francese Pascal Terry fu trovato privo di vita tre giorni dopo essere scomparso, in Argentina. Poi fortunatemente nulla più. Fino ad oggi, quando il destino ha deciso di invertire nuovamente la rotta.

Prima tappa: l’ argentino Jorge Martìnez Boero cade, batte la testa su un tombino e muore. Ironia del destino, aveva venduto una casa per poter correre. Lo stesso giorno due spettatori precipitano con l’aereo da turismo con il quale seguivano la corsa.
Seconda tappa: il francese Sebastien Coue cade, rimane tra le dune per diverse ore. Va in coma e il suo corpo va in ipertermia, 42 gradi. E’ salvo per miracolo. Vengono però travolti e uccisi una mucca e un cavallo.

I titoloni dei giornali fanno chiasso e parte subito il dibattito mediatico. C’è chi condanna, chi si limita a dire: “beh se fai la Dakar, te la cerchi“, chi invece imputa tutto alla fatalità. Ma un pilota ha qualcosa dentro che brucia, come un fuoco sacro che lo spinge contro ogni limite. Che nonostante la morte lo porta a correre ancora e ancora. Pilota ci nasci non lo diventi, la passione poi fa il resto. La Dakar ha un fascino tutto suo, fatto di misteri, paesaggi mozzafiato, amicizia e solidarietà.

La vera sfida è superare se stessi”, è con questo spirito che il francese Thierry Sabine ideò il rally più famoso del mondo nel 1977. Lo stesso Sabine nel 1986 precipitò in elicottero mentre seguiva dall’alto la sua creatura.

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