Proteste, scontri e rischio default. Il 2012 dell’ippica italiana è iniziato così, tra ippodromi che hanno chiuso l’anno senza sapere se potranno riaprire, come la struttura di via dell’Arcoveggio a Bologna, e gli scioperi degli operatori di categoria, fermi dal 30 dicembre e in stop a oltranza, almeno fino al 12 gennaio. Fino a quella data non ci saranno corse. Dalla Sicilia a San Siro. Quando manifesteranno a Roma contro un ministro delle Politiche Agricole, Mario Catania, “assente e disimpegnato”.

Un capodanno dai toni cupi festeggiato, si fa per dire, nell’incertezza e nella tensione. Per alcuni, 150 operatori ippici, incominciato il 2 gennaio, quando hanno occupato stabilmente gli uffici dell’Agenzia per lo sviluppo del settore ippico (ex Unire), allo scopo di denunciare “l’abisso in cui sta precipitando il mondo delle corse dei cavalli”.

Perché l’estinzione è ormai una minaccia sempre più vivida per le 43 strutture italiane che sopravvivono grazie ai finanziamenti pubblici, passati da 150 milioni nel 2011 a 40 milioni per il 2012, alle scommesse, diminuite del 70% negli ultimi cinque anni, e ai monte premi, falciati del 40%. “Tagli insopportabili” che mettono in discussione il futuro di 50.000 famiglie e 15.000 cavalli, che minano le fondamenta di un settore saldo da quasi un secolo, un tempo traino dell’intera categoria ludica. Ma che oggi, senza interventi adeguati sul piano finanziario e legislativo, rischia di scomparire.

“La situazione è drammatica e siamo sull’orlo del crack” ha dichiarato Attilio D’Alesio, presidente del Coordinamento Ippodromi “prima ancora di trovare le risorse è necessaria una riforma urgente che ponga fine agli sprechi perpetrati in questi anni, 150 milioni all’anno dal 2008, da un ente pubblico inadeguato che deve essere ricostruito dalle fondamenta”.

Una riforma che istituisca nell’Assi un soggetto competente e qualificato capace di determinare indirizzi e governance, che rielabori il prodotto corse, riscriva il settore delle scommesse e classifichi gli ippodromi secondo le loro caratteristiche. “E’ giusto che in Italia, a differenza degli altri paesi, a capo dell’ippica ci sia un ente pubblico ma è necessaria un’opera di regolamentazione che lo renda autorevole ed efficiente, come il Coni ad esempio” ha aggiunto D’Alesio. “Sono quattordici anni che la legge prevede queste misure, dal 1998, ma per il momento lo Stato ha riempito le casse dell’ex Unire senza che l’ente producesse risultati”.

E anzi, che sprecasse risorse “in regalie di milioni di euro”. Come il rinnovo del contratto tra l’Assi e Tele Ippica, costato 10 milioni (il 18% dell’intero montepremi), che ha fatto infuriare gli occupanti della sede romana dell’agenzia tanto da spingerli a bloccare le trasmissioni del canale televisivo. “In un momento di serrata totale della maggior parte degli ippodromi e di enormi sacrifici da parte delle categorie, il contratto usa soldi pubblici per mandare in onda le corse internazionali quando dovrebbe invece impegnarsi a promuovere le competizioni italiane”.

Riforma, regolamentazione e stop agli sprechi. Poi, secondo le associazioni di categoria, sarebbe opportuno prendere esempio dalla Francia e destinare all’ippica una percentuale del prelievo statale proveniente da tutti i giochi, quest’anno circa 75 miliardi di euro. “Perché fino al 1998 si scommetteva solo sui cavalli” ha denunciato D’Alesio “ed è stata proprio l’ippica che ha aperto la strada a tutte le altre attività ludiche.”

Una ristrutturazione fattibile, insomma, con misure che tutelino e rilancino l’intera categoria, ugualmente in ginocchio in tutta la penisola. Anche a Bologna la situazione è tesa e si aspettano con ansia misure che consentano la riapertura dell’Arcoveggio, che diano una risposta alle circa 600 persone che attendono di sapere dal ministero se avranno ancora un lavoro. E che tutelino i 1000 animali a rischio macellazione o abbandono.

“Noi vogliamo essere ottimisti” ha dichiarato, alla vigilia della chiusura, Marco Rondoni, direttore generale dell’ippodromo di Bologna “e credere che quella di capodanno non sia stata l’ultima gara ippica della nostra città. Siamo consapevoli che l’intero settore sta subendo una contrazione durissima e che dovremo sostenere sacrifici economici, ma siamo pronti anche a vivere un periodo di perdite se dall’altra parte ci offrono delle prospettive. Ciò di cui abbiamo bisogno è un impegno concreto, che non incida sulla qualità dei servizi”.

Né sul personale, che l’Ippodromo di Bologna non ha intenzione di licenziare, a differenza di quanto sta accadendo in altre città.

“Come Coordinamento Ippodromi intendo scrivere al premier Mario Monti e al ministro Mario Catania per chiedere che al più presto siano convocate le parti sociali e le rappresentanze dell’ippica, come si sta facendo con i sindacati per quanto riguarda le problematiche relative al mondo del lavoro” ha concluso D’Alesio, annunciando un appello alle istituzioni. “Bisogna aprire un confronto, dialogare, trovare soluzioni. Del resto che possiamo fare, dobbiamo continuare a parlare tramite i giornalisti o vogliamo aprire una discussione al ministero?”.

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