Dopo “l’atto dovuto”, le lacrime e il sangue del decreto salva Italia, è il momento dell’ “atto voluto”, cioè il pacchetto di misure per lo sviluppo, “cresci Italia”. Che è un po’ come dire che il governo Monti è inizia davvero solo ora, archiviato il risanamento contabile. Stando all’agenda definita ieri nella conferenza stampa di fine anno adesso si procede con liberalizzazioni, affidate al sottosegretario Antonio Catricalà, e quella del lavoro nelle mani del ministro Elsa Fornero, dopo false partenze in entrambi i campi.

Ieri Monti è stato piuttosto vago, si è limitato ai titoli delle misure da adottare prima di portare il piano nazionale di riforme alla Commissione europea, a marzo, con i primi provvedimenti da varare già a gennaio: catasto, lavoro, partendo dagli ammortizzatori sociali, concorrenza (probabilmente agendo non settore per settore, ma con provvedimenti generali). La logica sarà quella sperimentata in questi due mesi: scontentare tutti i partiti allo stesso tempo, sia le lobby che sperano di essere difese dal centrodestra che i sindacati che chiedono al Pd le barricate sull’articolo 18.
Una parte della crescita dovrebbe poi venire dalle misure già contenute nella manovra di Natale, dai proventi della lotta all’evasione alle agevolazioni fiscali per assumere giovani e donne. Niente botte secche per ridurre il debito, perché Monti è convinto che “gli interventi sui flussi hanno effetti sugli stock”, cioè basta mettere sotto controllo il deficit e spingere un po’ il Pil per far sembrare all’improvviso il debito di 1900 miliardi più sostenibile.

“Nessuna nuova manovra”, scandisce il premier più volte per dare il titolo ottimistico ai tg della sera. Ma la frase completa è più ambigua, ogni parola è rilevante: “L’avanzo primario strutturale pari al cinque per cento nei prossimi anni è in grado di portarci in condizioni normali al pareggio di bilancio nel 2013”. Da notare la locuzione “in condizioni normali”. E che succede se la recessione nel 2012 sarà del due o tre per cento invece dello 0, 5 delle previsioni ufficiali del governo? A margine della conferenza stampa, durante il brindisi con i giornalisti, Monti ammette, con un sorriso allusivo e preoccupato: “Ho detto in condizioni normali”. E quelle in cui è l’Italia, sui mercati, sono condizioni tutt’altro che normali. L’asta dei Bot di due giorni fa è andata bene per lo Stato, le banche hanno fatto incetta di titoli a sei mesi facendone scendere il costo. Ma ieri si sono ben guardate da comprare i Btp a dieci anni, visto che i prestiti della Bce ottenuti grazie alla garanzia statale durano solo tre anni. E l’asta del Tesoro è stata il solito salasso: i rendimenti scendono di poco dal 7, 56 di un mese fa a 6,98 per cento, 1,3 miliardi dei 7,5 offerti in asta sono rimasti invenduti. Non certo un segnale rassicurante che si somma all’eterna salita dello spread, il differenziale di rendimento tra titoli italiani e tedeschi, che è arrivato a quota 5,20 per cento.

Da quando la Bce ha ridotto gli acquisti di Btp – lo ammette anche Monti – lo spread continua a crescere. I 500 miliardi prestati da Francoforte alle banche non sono serviti. C’è un problema europeo, dice Monti con toni insolitamente netti: il Consiglio europeo del 9 dicembre ha preso decisioni inadeguate, “al fondo salva Stati Efsf sono state date risorse insufficienti”. La percezione dei mercati è che attorno all’Italia non ci sia alcuna rete di sicurezza credibile. E come recita un editoriale della Washington Post, citato da Monti, dalle performance dell’Italia dipende il destino dell’economia europea e quindi di quella mondiale. Il guaio è che l’Italia ha vincoli e impegni praticamente impossibili da rispettare in questo contesto: il pareggio di bilancio nel 2013 e la riduzione di 30-40 miliardi all’anno dello stock di debito imposta dal cosiddetto “six pack” europeo. “Non è questo governo che ha sottoscritto questi impegni, ma sarebbe impensabile rimetterli in discussione”, dice il premier. Se e come riuscirà a rispettarli ancora non è molto chiaro, neppure dopo le quasi tre ore di conferenza stampa di ieri.

Il Fatto Quotidiano, 3o Dicembre 2011

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