Avevano già intonato il de profundis per i sacchetti di plastica che sarebbero dovuti sparire con lo scoccare della mezzanotte del 31 dicembre. E invece no. In calcio d’angolo, ma si potrebbe davvero dire fuori tempo massimo, la norma che metteva la parola fine sull’esistenza dei sacchetto inquinante sul suolo patrio è sparita dal decreto “milleproroghe”. Un colpo di spunga netto, in apparenza inspiegabile, a ben guardare molto chiaro. È successo che ieri, subito dopo l’annuncio di Monti dell’inizio della nuova fase del governo, il vicepresidente di Legambiente, Stefano Ciafani, ha rotto l’incantesimo dei buoni propositi dell’esecutivo denunciando che dal “milleproroghe” era sparita la norma attesa da anni dagli ambientalisti (e non solo da loro).

L’aritcolo in questione stabiliva i corretti parametri di biodegradabilità nell’ambiente e compostabilità dei cosiddetti “shopper” (secondo la norma europea EN 13432 e annunciato ufficialmente dal governo il 23 dicembre); a parere di Ciafani, “la messa al bando dei sacchetti di plastica rischia così di essere seriamente compromesso consentendo scappatoie ai produttori”. Ecco, appunto, i produttori. Il sospetto – anzi, la prova – porta l’attenzione verso la Federazione Gomma Plastica, presieduta da Angelo Bonsignori, organismo rappresentato in Confindustria. Solo una settimana fa, il 21 dicembre, Bonsignori aveva rilasciato un’accorata intervista al Sole 24 Ore denunciando un’imminente catastrofe occupazionale nel settore della produzione dei sacchetti legata, ovviamente, all’imminente uscita di scena degli shopper. Solo che, alla fine dell’intervista, aggiungeva: “Però, sento aria di ritorno”. Un presagio? No, senz’altro un attento lavoro di lobby che pare aver dato i suoi frutti. Almeno sotto il profilo di un rinvio della norma. Visto il clamore suscitato dalla scomparsa dell’articolo dal “milleproroghe”, i ministri Clini e Passera, coinvolti nella materia, hanno subito garantito che l’impegno del governo sul fronte shopper non verrà meno. E che, anzi, non ci sarebbe alcuna intenzione di cambiare idea sulla chimica verde e sullo sviluppo sostenibile (e la produzione di sacchetti shopper “realmente” biodegradabili riguarda entrambi i temi).

Secondo i responsabili di Ambiente e Sviluppo Economico, infatti, la norma sui bio-shopper, approvata dal consiglio dei ministri del 23 dicembre scorso non sarebbe “scomparsa”, ma avrebbe due – prossime – possibilità di “emersione”. La prima è che diventi oggetto di un emendamento del governo all’ex milleproroghe, la seconda – hanno spiegato le fonti del governo – “riposa sul fatto che ci sono 6 mesi di tempo per un decreto in materia”. Insomma, in un modo o nell’altro l’articolo che stabiliva i corretti parametri di dissolvenza nell’ambiente degli shopper vedrà la luce. Probabilmente quando si sarà trovata una soluzione anche per le industrie collegate alla produzione dei sacchetti. “Non esiste un obbligo comunitario che imponga la sostituzione dei sacchetti di plastica con quelli biodegradabili – ecco quello che diceva, non a caso, Bonsignori – ma solo una norma alla quale ci si può adeguare in modo volontario. Il fattoè che è a partire dalla seconda metà del 2010 è stata condotta una campagna mediatica fortissima contro questo prodotto, non so se le ragioni fossero politiche o elettorali, ma il ministero dell’Ambiente si è impuntato, anche se la sperimentazione necessaria per segnare il passaggio non è stata mai eseguita; ci sono oltre 4000 addetti del settore in cassa integrazione, ferie forzate e part time, ma occorre trovare subito una soluzione per non lasciare a casa molti lavoratori e mettere nei guai migliaia di famiglie”. E per trovare una soluzione si è aspettato l’ultimo tuffo?

Da “Il Fatto Quotidiano” del 30/12/2012

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