Questo 2011 che sta finendo ci ha regalato tante cose. La legge Gelmini prima di tutto, un celebrato tentativo di riforma dell’università che oggi tutti in Parlamento, sia i suoi oppositori sia i suoi sostenitori, tendono a considerare come qualcosa di inamovibile: sembra che si pensi “esiste quindi lasciamola in vita” (questo pur riconoscendo i danni che ha fatto e che, nel prossimo futuro, farà). Poi ci ha regalato la valutazione, cioè l’Anvur, l’agenzia nazionale di valutazione dell’Università della ricerca, in ossequio alla nuova retorica del merito e della lotta contro i baroni (senza peraltro rendersi conto che chi valuta può anche non essere barone ma sicuramente nei gruppi di valutazione ce ne saranno tanti).  Ci ha anche regalato, infine, la novità dei rettori inamovibili e prorogati. Poi ci ha regalato il blocco delle retribuzioni dei docenti e dei ricercatori fino al 2014, la mancata assunzione in ruolo dei ricercatori che hanno vinto un regolare concorso, ecc. ecc. Non pensavamo però di vedere anche il rettore fotocopia.

Succede che il professor Giovanni Puglisi, dal 2001 rettore dello Iulm di Milano, è stato nominato pochi giorni fa rettore anche dell’Università Kore di Enna, in Sicilia. Il suo predecessore, Salvò Andò, socialista di lungo corso, animatore dei salotti della politica spregiudicata negli anni Ottanta, si era macchiato di una colpa gravissima: proporre un accordo – e firmarlo – per rendere la Kore parte di un nuovo ateneo statale, il cosiddetto “IV polo” universitario siciliano. Atto scellerato, almeno per il Consiglio di amministrazione, che gli ha contestato che, secondo lo statuto della Kore, il rettore non può firmare un accordo simile. Spetterebbe infatti al presidente, unico rappresentante legale dell’Ateneo (una figura che nelle università pubbliche non esiste, mentre esiste, per esempio, nell’università Bocconi). Nella Kore, quindi, il rettore è meno rettore che altrove, nel senso che deve spartire le sue funzioni con un presidente. Un modo, tutto sommato, per rendere più complicata la gestione dell’università ma, si dirà, contenti loro… Ed ecco arrivare quindi la corazzata Puglisi, a tutelare la “privatezza” della Kore.

Tuttavia il rettore, a Milano come a Enna, deve svolgere funzioni fondamentali per la vita dell’ateneo. Secondo il testo della legge Gelmini,  e ovviamente secondo la tradizione universitaria italiana ed europea, consolidata da decine di leggi, dall’800 a oggi, spettano al rettore tutta una serie di incarichi e di competenze che è difficile pensare possano essere attribuite a una persona che fa lo stesso lavoro anche per un altro ateneo. Si pensi prima di tutto alle funzioni di indirizzo, di iniziativa e di coordinamento delle attività scientifiche e didattiche, al perseguimento delle finalità dell’università secondo criteri di qualità e nel rispetto dei principi di efficacia, efficienza, trasparenza e promozione del merito, alla funzione di proposta del documento di programmazione triennale di Ateneo, alla funzione di proposta del bilancio di previsione, alla funzione di proposta del direttore generale nonché – responsabilità per nulla insignificante – alla competenza disciplinare nei confronti dei colleghi.

Le università private condividono in gran parte questa impostazione, anche se l’Università Kore dà il potere di rappresentanza legale dell’Ateneo solo al presidente e non anche al rettore. Ma per il resto il rettore a Enna fa quello che fanno i suoi colleghi altrove: un ricco paniere di competenze e di incarichi delicati; sorge quindi spontaneo il dubbio di come possa essere una persona sola a svolgere funzioni così delicate per due atenei. Non vogliamo essere fraintesi: sicuramente il professor Puglisi è degno della massima considerazione ed è un abilissimo amministratore; altrimenti perché mai lo avrebbero nominato rettore di ben due università (intervenendo peraltro in una crisi interna)? Tuttavia se dobbiamo guardare al valore dell’efficienza, e al principio della tutela della concorrenza, questa nomina stona. Il professor Puglisi infatti, si troverà nella scomoda – o forse comoda – posizione di difendere, sostenere e promuovere le attività simili, se non identiche, dei due Atenei, come ad esempio la facoltà di Scienze Umane dell’Università Kore, che si sovrappone alle quattro facoltà dello IULM.

Si dirà: «ma che barba, con queste puntualizzazioni: in fondo si tratta di due università private, facciano quello che vogliono”. No, non funziona così: le università private vengono riconosciute dallo Stato, svolgono una funzione pubblica anche se sono “libere”, rilasciano titoli dal valore legale (forse è per questo che tanti lo vogliono abolire?), sono finanziate dallo Stato (nel 2011 con 79 milioni e mezzo di euro, aumentati di altri 20 milioni per il prossimo 2012 cui vanno ad aggiungersi ulteriori 70 milioni di euro destinati ai Policlinici gestiti da università non statali) e infine svolgono anche funzione di reclutamento: un’università privata può preparare un dottore di ricerca o assumere un ricercatore a tempo determinato così come una università pubblica.

La coerenza della gestione delle università private è quindi una faccenda pubblica, non privata. E le turbolenze che le attraversano, i giochi di potere, le promozioni e le destituzioni sono affari che interessano tutti, perché finanziati coi soldi di tutti. Dopo un anno passato a sentire gli ottimisti voli pindarici della Gelmini sulla lotta ai baroni e la promozione del merito e dell’efficienza, non c’è nulla che il nuovo ministro Profumo ha da dire per coronare degnamente questa operazione di «razionalizzazione»?

di Piero Graglia

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