Guardar uomini adulti coi fischietti, come dei bambinetti, gonfiare le guanciotte, scambiarsi, birichini, segnali clandestini, guardarli saltellare fra gli scranni, con i braccini tesi, sognando di far danni, di essere ripresi.

Sostare sui sorrisi soddisfatti, “noi sì che siamo matti”, “altro che questa barba di governo, che non è stato eletto dai c…, che hanno eletto voi zuzzurelloni.

Intanto il presidente del Senato, come a scuola protesta inascoltato. “Razzista contro il nord padano”, accusa Calderoli il bell’ariano.

Poi fa una brutta faccia e tenta la minaccia: che dia le dimissioni, il Monti “ragioniere”, o la plebe leghista, gliela farà vedere. Infuria l’eterna tenzone, dei casinisti contro lo sgobbone, finché il Preside scontento, si decide a interrompere l’evento.

Ritorna un sentimento già provato, quasi una ricaduta nel peccato, è come se ci fosse “Lui” di nuovo, a farci da memento, che non si fa sul serio in Parlamento.

Il Fatto Quotidiano, 23 dicembre 2011

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