Illustrazione di Marilena Nari

La crisi di liquidità sta mettendo in ginocchio il Paese che sta pagando a caro prezzo non solo una politica poco oculata, ma anche gli errori dei banchieri, la pesante leva finanziaria usata in passato e l’uso indiscriminato di prodotti finanziari strutturati. Così i consumatori vedono lievitare i mutui, nonostante i tassi di interesse siano in discesa, anche a causa di una serie di prodotti accessori, mentre le imprese che hanno in mano le redini dell’occupazione vedono assottigliarsi l’accesso al credito. E il rischio è ora di una spirale negativa senza fine in cui le informazioni alla clientela diventano un complesso manuale di istruzioni comprensibile solo ai tecnici. Mentre il marketing punta come sempre sulla buona fede, attirando i consumatori con offerte allettanti sotto il profilo dei rendimenti, che però nel caso dei conti correnti a fine anno si rivelano una voce quasi ininfluente. Non così le operazioni, che vengono invece adombrate. Non c’è da stupirsi. Del resto la Commissione Ue lo ha decretato più di una volta: le banche italiane sono le più care d’Europa. Secondo uno studio di Bruxelles datato dicembre 2010, l’anno scorso i costi pagati dagli italiani allo sportello erano superiori di due volte e mezzo rispetto alla media. Che vedeva un cliente di banca in Italia spendere 253 euro all’anno per il suo conto corrente, contro i 112 euro della media europea e i 46 euro del Paese più conveniente, l ‘ Olanda. “Perché queste differenze – aveva tuonato il commissario europeo per il mercato interno e i servizi finanziari, Michel Barnier – abbiamo un mercato unico, numerosi paesi hanno la stessa moneta e dal 2012 disporremo anche di un sistema unico di pagamenti”.

1- Il prezzo del risparmio. Il conto zero spese è solo un sogno per la maggior parte dei consumatori. Già perché anche quando la banca dice che non ci saranno costi, s’inventa mille cavilli per far pagare il correntista che raramente legge i lunghi contratti che sta stipulando. Così, col passare dei giorni si scopre che prelevare in sportelli non appartenenti alla propria banca costa un paio di euro in Italia e ancor di più in altri Paesi europei, in barba all’Unione. Guai poi ad andare in rosso, il costo può far piangere per tutto il mese successivo. E questo anche perché la cancellazione della commissione di massimo scoperto è stata sostituita da altre voci. Ma non si tratta dell’unico escamotage inventato dalle banche per far soldi. Ci sono quintali di estratti conto cartacei con un costo di rendicontazione che può raggiungere i 4 euro. Mille insidie, poi tra i servizi gratuiti, come la domiciliazione delle bollette, dove però le singole operazioni solitamente si pagano una ad una. E ancora, i pacchetti con un tot di operazioni incluse che a conti fatti si finisce sempre col superare pagando salate quelle in eccesso. La crisi di liquidità degli istituti, inoltre, rischia di pesare anche sulla trasferibilità del conto dato che le banche allungano i tempi: in attesa del via libera si finisce per pagare due conti in contemporanea. Capitolo a sé i conti deposito con tassi civetta che ingolosiscono, ma al netto degli interessi passivi e dei costi di apertura possono rivelarsi una delusione. Senza contare la penale per le uscite anticipate. Insomma, alla fine, un conto arriva a costrare 253 euro l’anno.

2 – Mutui per la casa. Comprare casa è diventato più difficile. Se nel 2000 le banche si offrivano di finanziare fino alla totalità del prezzo dell’immobile, la quota è scesa a settembre di quest’anno al 44 per cento: bisogna avere in contanti almeno la metà del valore dell’immobile per il finanziamento. Quindi, come rilevato da Mutui.it  , ad aprile gli istituti arrivavano a finanziare il 56 per cento. Non solo, spesso , alla richiesta di mutuo, la banca che lo deve concedere accampa altre pretese con “prodotti collaterali”. Molti chiedono l’apertura di un conto corrente su cui “appoggiare il mutuo” o la sottoscrizione di polizze assicurative. Ovviamente non gratis. Con l’avanzare della crisi e l’aumentare delle esigenze di liquidità degli istituti di credito italiani, poi, l’Adusbef ha anche rilevato l’applicazione nelle rate di alcuni mutui in essere di spread (maggiorazione pagata rispetto al parametro di indicizzazione oltre al tasso) superiori a quelli di mercato. Le banche tentano anche di ostacolare i passaggi ad altri istituti di credito con tassi più vantaggiosi. Come? Differendo a data da definirsi l’incontro nello studio notarile per la stipula dell’atto. Anche sul tema finanziamenti a breve, la situazione è tesa con i tassi sulle nuove erogazioni di credito al consumo saliti ad ottobre al 9,31% dal 9,24% del mese precedente. E lo spuntare di finanziarie opache che promettono soluzioni in 24 ore.

3 – Prestiti alle imprese. Sempre più difficile l’accesso al credito per le piccole imprese, storicamente il vero tessuto produttivo e occupazionale del Paese. Vittime in passato di derivati accoppiati ai finanziamenti di vario genere necessari all’azienda, oggi si scontrano con un accesso al credito sempre più difficile. Per aprire i rubinetti, infatti, le banche chiedono loro il rispetto dei parametri internazionali di Basilea II, ma gli stessi dirigenti bancari sanno bene che, per le loro caratteristiche, le pmi del nostro Paese non sono riuscite ad allinearsi ai requisiti di patrimonializzazione richiesti dalla normativa. Quindi scattano le garanzie personali e reali, spesso più consistenti del valore del finanziamento richiesto. Lo sconto di fatture, poi, avviene più a singhiozzo e a prezzi meno interessanti rispetto al passato e così anche un tradizionale canale di finanziamento è meno accessibile. La Confederazione nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa veneta ha anche riscontrato un allungamento dei tempi di istruttoria delle pratiche: se prima bastavano due o tre settimane oggi sono necessari cinque o sei mesi. Tempi biblici per un’azienda impegnata a restare sul mercato. E se non ce la fa la banca si può rifare sulle garanzie.

4- Carte di credito. Attenzione alle carte di credito che arrivano in omaggio con l’apertura del conto. La fregatura principale è che di solito il primo anno non si pagano, ma poi sì. E la disdetta va fatta per tempo via raccomandata. Alla larga, poi, dalle carte revolving, pubblicizzate come infinite riserve di denaro da rimborsare a rate che però non finiscono mai e sono difficilissime da tenere sotto controllo. Specialmente per i salatissimi interessi che possono arrivare anche al 17 per cento.

5 – Prodotti bancari. La regola di guardarsi dalle super offerte negli investimenti finanziari vale in modo particolare, anche per le obbligazioni emesse dalla banca che sta cercando di venderle al suo cliente: la storia, come dimostra il caso del convertendo “allegro” della Bpm, è piena di sogni di guadagno trasformatisi in delusioni a caro prezzo. Discorso che vale anche per i Btp day, offerte senza dubbio interessanti sotto il profilo dei rendimenti, ma da valutare accuratamente sotto quello dei rischi.

6 – Bancoposta. Attualmente, sul fronte dei servizi bancari, Poste Italiane risulta più corretta delle banche, delle quali è concorrente privilegiato anche solo per la capillarità della presenza sul territorio. Non mancano, però, i lati oscuri, come la fregatura delle polizze vita linked, distribuite dal 2001 fino a qualche anno fa e poi tolte dal mercato. Alcune associazioni dei consumatori, poi, l’anno scorso hanno rilevato che su quattro casi di frodi nei pagamenti elettronici, solamente in uno le Poste hanno restituito le somme al consumatore e negli altri hanno addebitato la colpa al cliente tacciato di negligenza nella conservazione del pin. Da segnalare poi l’azzeramento dei rendimenti del conto Bancoposta avvenuto quest’estate. Una mossa che Adusbef e Federconsumatori hanno letto come un escamotage per spingere il nuovo conto Bancoposta più “con più svantaggi che agevolazioni rispetto alle condizioni contrattuali che regolavano il vecchio Bancoposta che ha attirato milioni di utenti per la semplicità e la trasparenza dell’offerta, e per i bassi costi di tenuta conto”.

da Il Fatto Quotidiano del 23 dicembre 2011

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