Giornalismo glocal e partecipato, in cui i lettori finanziano le inchieste di loro interesse. Che lascia alle spalle l’ossessione della notizia ‘ultim’ora’ e si concentra su approfondimenti locali che rappresentano uno squarcio della realtà nazionale. Un modello proposto in Italia da Pubblico Bene, che ha debuttato online pochi giorni fa anticipando uno stralcio della sua prima inchiesta su Il Fatto Emilia Romagna.

L’idea era nata un paio d’anni fa sull’asse della via Emilia da un gruppo di dieci persone, unite da legami di amicizia e collaborazione professionale. Volevano creare una piattaforma ispirata a Spot.us , il sito americano di community- funded reporting, modello di giornalismo d’inchiesta finanziato dai lettori a cui negli Stati Uniti si è ispirato anche ProPublica , due volte vincitore del Premio Pulitzer. Entrambi i siti sono rispettivamente sostenuti da due fondazioni, Sandler e Knight Foundation, oltre a lettori e filantropi. Grazie al sostegno del bando della Regione Emilia Romagna nell’ambito dell’Accordo di Programma Quadro Giovani Evoluti e Consapevoli (GECO), Pubblico bene ha un budget complessivo di 26mila euro di cui la regione provvederà a restituire il 60%, ovvero circa 16mila euro”

“Ci siamo ispirati al modello di Spot. us- spiega Alarico Mantovani, tra gli ideatori della piattaforma – che è partito da inchieste sulla Bay Area. Noi siamo in Emilia Romagna e intendiamo creare una forte community locale attraverso il web e la promozione sul territorio. Domani ad esempio, saremo in radio e al corso di giornalismo di Scienze della Comunicazione a Bologna e ci auguriamo che il nostro esperimento possa essere trasferito anche su altre realtà locali.”

Casa, sussidiarietà e precari saranno le prime tre video-inchieste che troveranno spazio sul sito, che comunque è aperto anche ad articoli scritti, servizi fotografici e prodotti multimediali. Il 60% dei finanziamenti raccolti andrà per la realizzazione delle inchieste, mentre una parte non superiore al 40% sarà utilizzata per le attività di mantenimento del sito, redazionali e di promozione. I giornalisti saranno regolarmente retribuiti, prima con i contributi della regione e poi con quanto raccolto dai lettori.

Ma il passaggio sarà graduale. “In Italia questo è un modello innovativo che vogliamo presentare gradualmente – prosegue Mantovani -. Lanciamo il sito con due inchieste già realizzate e finanziate dalla regione e fra tre settimane i lettori potranno scegliere e proporre nuove inchieste sugli argomenti proposti dalla redazione e avranno 30 giorni per votarle”.

Le prime 300 persone che si iscriveranno al sito pubblicobene.it in questo periodo avranno a disposizione 10 crediti per l’inchiesta che vorrebbero vedere realizzata. Le proposte che raggiungeranno i 1000 crediti saranno portate a termine, e i finanziamenti insufficienti su quelle non realizzate saranno dirottate su altre inchieste scelte dai finanziatori. Poi, terminati i fondi della Regione, Pubblico Bene vivrà grazie al crowdfunding e con la ricerca di sponsor pubblici e privati.

Nessuna intenzione di erodere il pubblico dei media tradizionali, anzi: lo scopo è quello di aumentare l’offerta di informazione di qualità e di avviare partnership con altre testate, specie online, purchè garantiscano indipendenza e autonomia. Come si legge sul sito, infatti, vogliono “riscoprire un giornalismo che non si ferma alle apparenze, verifica le fonti e ‘consuma la suola delle scarpe’ pur di arrivare al cuore della notizia”, lontano dal sistema del giornalismo generalista e delle notizie mordi e fuggi, Insomma, “slow journalism libero dall’urgenza della cronaca e dalla logica dello scoop”. Per fruire dell’informazione sul territorio in modo più consapevole. E consegnare il suo destino nelle mani dei lettori.

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