“Li odiamo più degli stranieri”. Con questo criterio un gruppo di neonazisti (non voglio citare la sigla con cui si firmano, perché rifiuto l’idea di dare loro un ‘ruolo politico’) ha selezionato i nomi da mettere in una ‘lista nera’. Requisito principale: essere solidali con i migranti, gestire progetti di assistenza, denunciare il razzismo attraverso i media, proteggerli dalle vessazioni. In altri tempi, forse, avremmo potuto derubricarlo a gesto inqualificabile di qualche maniaco xenofobo, ma stiamo vivendo un momento difficilissimo. Per l’economia, per la politica e per la sopravvivenza stessa dell’idea di società, nel senso di ‘unione’ e ‘allenza’.

Non sappiamo più essere alleati e quindi, in questo contesto, i migranti diventano un bersaglio facile (ancor più di altri periodi). La manifestazione di Firenze, promossa dalla comunità senegalese per Mor Diop e Samb Modou, deve far riflettere sul modo di guardare agli immigrati. Basta parlare di immigrazione in termini di minaccia alla sicurezza, come abbiamo sempre sentito fare dalla Lega Nord. L’integrazione è un dovere civico, una risorsa umana, sociale e produttiva.

Chi è più italiano, chi evade il fisco e porta i suoi soldi all’estero, o il migrante che in Italia lavora come infermiere, come badante, facendo il suo dovere e pagando tasse e contributi?

Oggi condanniamo la violenza e il razzismo ma gli immigrati domandano anche, e legittimamente, che venga pienamente riconosciuto il loro contributo nella società. Perché legare ancora il diritto di voto alla cittadinanza e non, ad esempio, alla contribuzione fiscale? Perché non permettiamo ai tanti bimbi nati in Italia da genitori migranti di essere italiani, punto? Discriminare l’infanzia, compromettere la  crescita equilibrata di questi bimbi e bimbe è incivile. Per questo ho anche presentato un disegno di legge che garantisca la cittadinanza a chi è nato in Italia.

Mi sembra che la politica di questi tempi, anche a livello locale, sia molto impegnata nel rassicurare chi è preoccupato per una “invasione straniera” incapace di integrarsi: è una cultura che si nutre di provvedimenti simbolici e di ipertrofia burocratica, di affermazioni e scandalose campagne xenofobe, come il sapone anti-immigrati distribuito qualche mese fa dalla Lega Nord nell’aretino. Per poi arrivare, a violenze terrificanti, come il pogrom che si è consumato al campo rom di Torino.

Diciamo no ai pregiudizi e all’intolleranza.

Non è vero
che “vengono tutti qui”: da noi gli immigrati rappresentano il 6% della popolazione, contro il 12 dell’Irlanda, l’11 della Spagna il 10 dell’Austria e l’8 della Germania.
Non è vero che “nei loro paesi non ci fanno costruire le chiese”: in Marocco, ad esempio, i cattolici sono circa 27mila (su una popolazione di 34 milioni di persone) e hanno 3 cattedrali e 78 chiese.
Non è vero, inoltre, che “vengono qui e ci rubano il posto, lavorando in nero”: semmai contribuiscono a pagare le nostre pensioni, visto che il 92% degli immigrati con permesso di soggiorno sono iscritti all’Inps. Di più, contribuiscono alla produzione del Pil per l’11%, secondo i dati della Caritas.

Alla luce di ciò, a vostro avviso, chi dovrebbe “ciapar el camel o la barchetta” (per citare un celebre adagio anti-immigrati) e sparire?

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