Il difensore del Gubbio, Simone Farina

“E’ una cosa più grande di me, dalla Procura mi hanno detto di non parlare con nessuno”. Simone Farina, 29 anni, difensore del Gubbio, è l’unico soffio di aria fresca nel tanfo che emerge dall’ultima tranche dell’inchiesta di Cremona sul calcio scommesse, sfociata ieri in 17 arresti. Lui, romano, padre di due figli, non vuole essere un eroe: “So solo di aver fatto la cosa giusta, per me stesso e per la mia famiglia, ma preferisco non dire altro: non voglio mancare di rispetto alla mia società (che ha ordinato ai tesserati il silenzio stampa più assoluto sulla vicenda, ndr) e agli inquirenti, che mi hanno consigliato di tacere”.

Cosa ha fatto Simone Farina? Nel settembre scorso, ha rifiutato di truccare la gara di Coppa Italia tra Gubbio e Cesena: ha detto no a duecentomila euro sull’unghia, da dividere con altri due difensori e il portiere della sua squadra. Dovevano ‘solo’ incassare qualche gol. Niente da fare. Farina ha detto no ad Alessandro Zamperini, suo ex compagno nelle giovanili della Roma e nuovo alfiere dell’associazione internazionale con regia asiatica. Ma non solo. Oltre al diniego, il difensore della compagine eugubina ha fatto anche altro: è andato dai carabinieri e ha denunciato tutto e tutti.

Una mossa che ha accelerato l’attività degli inquirenti: la stangata estiva, infatti, non aveva bloccato l’organizzazione, che al contrario continuava come se nulla fosse nel suo intento criminale grazie all’aiuto di altri sodali, forse reclutati dopo lo stop forzato dei vecchi esponenti. “Mi trovo in un momento di grande difficoltà: forse è la sfida più difficile della mia carriera. Non ho mai amato la ribalta. Del resto, pur essendo di Roma, vivo a Gubbio perché preferisco una vita semplice, l’intimità. Ora ho bisogno di silenzio e di essere protetto, tutto ciò che si dice di me non mi interessa. So solo di aver fatto la cosa giusta”. Basso profilo. Simone Farina ha risposto al telefono, ma non avrebbe voluto farlo. Oggi non si è allenato, ha pensato solo a partire in vacanza con la famiglia. Per staccare, da tutto e da tutti.

Di lui e del suo gesto (“Non ho fatto niente di speciale” ha detto il diretto interessato), però, parla mezza Italia. Molti lo hanno fatto sulla pagina Facebook del giocatore. La sua bacheca è un florilegio di complimenti. “Bravo! Hai regalato un po’ di fiducia a chi ama questo sport. Un gesto che tu chiami “doveroso” ma che per me vale molto. E sia il tuo personalissimo pallone d’oro!” ha scritto Andrea, riassumendo il pensiero di molti. Tra questi, anche alcuni tifosi dell’Atalanta, la squadra di Cristiano Doni, una delle persone arrestate ieri nonché il personaggio più popolare coinvolto nell’inchiesta. “Non so quanto possa servire scriverlo qui…ma spero che tu possa leggere…Da atalantino, il tuo gesto ti rende un grande onore, vale più di qualsiasi scudetto e di qualsiasi coppa…” è stato il pensiero di Alfredo, con Bruno che ci ha messo il carico con un inequivocabile “da tifoso atalantino deluso da quanto è successo alla mia squadra…posso dirti solo che sei un grande! Massimo rispetto!”. Tra le decine di messaggi di complimenti, ce n’è uno in particolare che sembra una provocazione, ma forse lo è fino a un certo punto: “E adesso Prandelli regali a Simone un giorno in nazionale“.

Lui, il diretto interessato, non è al corrente di quello che accade sul social network. “Da due giorni ho staccato dal mondo, non vado su internet e non rispondo al telefono” ha detto il difensore, per cui il suo direttore sportivo, Stefano Giammarioli, ha speso parole che vanno al di là del rapporto professionale. “E’ con noi da cinque anni – ha sottolineato il ds eugubino – ed è un ragazzo di cui nutro grande stima: è una persona corretta e quanto è successo lo testimonia in pieno”. Giammarioli è stato il primo a sapere del tentivo di Zamperini di corrompere il suo difensore. “Era scuro in volto, visibilmente turbato – ha ricordato il dirigente del Gubbio -, gli ho chiesto cosa fosse successo e mi ha raccontato tutto: dopo due giorni di silenzio ne abbiamo parlato con il presidente e successivamente abbiamo denunciato la questione alle forze dell’ordine”.

Una storia pulita, che quasi stona con i contorni opachi in cui agiva il sistema di corruttela. Eppure non può essere raccontata fino in fondo, perché il Gubbio, pur di proteggere il suo giocatore, ha deciso di imporre il silenzio. “E’ la cosa più giusta da fare in questo momento – ha spiegato il direttore sportivo Giammarioli -, c’è un’inchiesta in corso, il lavoro degli inquirenti non è ancora finito. Noi abbiamo fatto ciò che devono fare tutti i cittadini: denunciare le cose che non vanno”. Appunto, però rimane il silenzio. “Vede – ha concluso Giammarioli -, non si può mai sapere contro chi ti metti in queste situazioni, almeno fino a quando la giustizia non avrà fatto il suo corso. Siamo un piccolo club, una società di gente onesta: vogliamo far parlare di noi per ciò che facciamo sul campo. Anche Farina è così: non gli piace la luce dei riflettori”. Simone Farina: 29 anni, due figli, terzino del Gubbio in Serie B, romano e, da ieri, un esempio da seguire.

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