La Cina è vicina, anzi praticamente ormeggia in Riviera. La Ferretti Yatch, l’azienda multinazionale con sede a Forlì, leader mondiale nella cantieristica di lusso passa in mano cinese. Il gruppo Shandong Heavy Industry Group, colosso nella produzione di macchine agricole e per l’edilizia con più di 20 mila dipendenti, rileverà infatti il 58 % del debito del gruppo romagnolo: un passivo stimato in circa 600 milioni di euro.

La società forlivese non ha ancora rilasciato delle dichiarazioni ufficiali, ma l’accordo raggiunto con gli asiatici avrebbe come condizione quella di non snaturare il marchio, punto di riferimento della nautica: sarà mantenuta l’italianità, a cominciare dai cantieri che rimarrebbero dove sono, e Norberto Ferretti, fondatore e presidente che diventerebbe socio di minoranza, rimarrà nella governance del gruppo con un ruolo di primo piano.

Della acquisizione del gruppo fondato nel 1968, che ha in catalogo ben otto marchi della cantieristica navale (oltre allo stesso Ferretti ci sono Itama, Pershing, Crn, Mochi, Bertram, Custom Line e Riva) si era parlato fin da settembre. Un primo avvicinamento da parte della multinazionale asiatica non era però riuscito. Ora, con l’accordo raggiunto, la Shandong dovrebbe fare proprie le quote di debito di due fondi creditori, la Oaktree (creditore al 40 %) e la Strategic Value Partners (18 %). L’operazione dovrebbe avvenire secondo l’articolo 182 bis della legge fallimentare (che si occupa della ristrutturazione dei debiti). Proprio per poter sfruttare questo strumento era necessaria l’approvazione anche della Royal bank of Scotland, l’altra creditrice di peso. Una approvazione che sarebbe arrivata, facendo svoltare la trattativa.

Oltre a rilevare gran parte del debito (che passerebbe da 600 a 100 milioni di euro) i cinesi e dovrebbero sborsare altri 180 milioni di euro (insieme, proporzionalmente, anche agli altri azionisti) da immettere nel capitale e alla fine di tutte le procedure dovrebbero arrivare a detenere circa il 70 -75 % della compagine. In questo modo, dopo mesi di incertezze, la sorte di un fiore all’occhiello della produzione italiana dovrebbe essere messo al sicuro dal fallimento, dopo i timori recenti espressi soprattutto da parte dei sindacati.

Proprio quello degli stabilimenti e del lavoro è uno dei punti più delicati della questione. La produzione infatti non dovrebbe subire, dopo l’operazione appena conclusa, rallentamenti o dismissioni. In ballo ci sono 2 mila dipendenti in tutta Italia fra i cantieri di Forlì (dove ce ne sono 500), La Spezia, Ancona, Cattolica, Sarnico, Marotta e San Giovanni in Marignano. I sindacati stessi, preoccupati per le condizioni finanziarie del gruppo, avevano inviato nei giorni scorsi una lettera al nuovo ministro per lo sviluppo economico, Corrado Passera, affinché intervenisse per sbloccare la trattativa dall’impasse in cui si trovava.

Ora l’accordo raggiunto potrebbe aprire interessanti prospettive anche perché il settore del lusso non conosce crisi, anzi. Nei cantieri della controllata Cnr di Ancona, per esempio, nonostante i 600 milioni di debito del gruppo, ci sarebbero commesse fino al 2014.

(con la collaborazione di Alessandro Mazza)

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