Chi pensa che la Rete sia una cosa scontata si sbaglia di grosso. In Italia una persona su quattro tra i 16 e i 74 anni non ha accesso ad Internet. Lo rivela un sondaggio Eurostat, l’ufficio statistico dell’Unione europea, che ci fotografa ben al di sotto della media europea (62 contro 74 per cento). Anche l’utilizzo del web per i rapporti con la pubblica amministrazione e l’e-commerce è per noi alla portata di pochi. Insomma meglio fare la fila alle Poste e accalcarsi al bancone di un affollato negozio che accendere un computer e navigare sul web.

In Italia il “www” non sfonda, anche se rispetto al 2006 sono stati fatti passi da gigante. Allora un italiano su due Internet non sapeva nemmeno cos’era. Resta tuttavia impetuoso il confronto con gli altri Paesi europei: naviga il 94 per cento in Olanda, 91 in Svezia, 90 in Danimarca, 85 in Gran Bretagna e 83 in Germania. Sarà forse perché là fuori freddo e allora le persone restano più in casa, ma anche nella più temperata Francia la percentuale degli internauti si colloca al 76 per cento, 14 punti più dell’Italia. Più tecnologici di noi perfino gli sloveni (73) e i maltesi (75). Ma a dire il vero in Europa non siamo gli ultimi. Basta guardare la Grecia in bancarotta (50 per cento), il Portogallo con l’acqua alla gola (58) e poi le solite Bulgaria (45) e Romania (47), ultime arrivate in Europa e con un indiscutibile ritardo socio-economico rispetto agli altri Paesi Ue.

Peggio ancora se consideriamo le connessioni a banda larga, ovvero che permettono di andare un po’ oltre le semplici email, dove la percentuale degli italiani scende al 52 per cento, uno su due, per dare qualche numero circa 30 milioni di persone. Non male per un Paese fondatore dell’Unione europea e membro del G8, in teoria il gruppo ristrettissimo dei potenti della Terra. Ma Internet ormai non vuol dire solamente email, Facebook e chat con gli amici. Ci sono sempre più servizi, dalla pubblica amministrazione all’home banking, che se usati adeguatamente consentiono al cittadino di risparmiare tempo ed evitare inutili code a banche, Poste, anagrafi e servizi pubblici vari. Peccato che in Italia solo il 36 per cento dei cittadini cerca informazioni sulle pubbliche amministrazioni online contro il 48 per cento dell’Ue, e solo il 13 per cento invia formulari, in Ue la media è 28.

E l’e-commerce? Meglio lasciare perdere. Solo il 27 per cento degli italiani usa il web per l’acquisto di beni e servizi (in Ue il 58), mentre in Gran Bretagna è l’82 per centro, in Germania e Danimarca il 77 e in Svezia il 75. Forse è ancora colpa del freddo. Sta di fatto che comprare su Internet non solo fa risparmiare tempo ma fa anche risparmiare soldi. L’e-commerce (e con questo non si intende solo Ebay) permette infatti di abbattere i costi grazie alla possibilità di acquistare direttamente dal produttore. Proprio per questo l’Ue si sta tanto dando da fare nell’armonizzare i regolamenti comunitari per agevolare gli acquisti transfrontalieri anche dal punto di vista legale.

L’Unione europea sa bene quanto è importante garantire a tutti l’accesso al web, tanto che nel 2009 ha creato addirittura una direzione generale apposita con tanto di commissaria Ue, l’olandese Neelie Kroes. Si tratta della cosiddetta Digital Agenda, che tra i vari compiti, ha proprio quello di sviluppare la Rete in tutti gli angoli d’Europa. Si pensi che per sviluppare la connessione a banda larga nei Paesi membri, la Commissione europea ha recentemente proposto di destinare ben 9,2 miliardi di euro dal 2014 al 2020. Si tratta di una bella somma che però va spesa nel modo giusto.

Al di là dei soliti ostacoli culturali, bisogna infatti ricordare che persistono nel vecchio continente problemi oggettivi di accessibilità ad Internet. Questo vuol dire che per determinate tipologie di utenti, pensiamo ad esempio agli anziani, i meno istruiti, i meno abbienti o i portatori di handicap, Internet è ancora un tabù. Per far fronte a questo problema, la Commissione ha iniziato a lavorare ad un European Accessibility Act che agevoli l’accesso al Web anche a queste categorie di persone. Insomma in Europa si lanciano progetti e piattaforme, si aprono consultazioni e si stanziano finanziamenti, ma la volontà politica degli Stati membri resta una componente imprescindibile per raggiungere buoni risultati.

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