La crisi non si ferma, anzi. Dopo l’incubo del 2009 e la tenue speranza di ripresa del 2010, quest’anno la flessione economica torna a farsi sentire. Ma non è finita. Per il 2012 le prospettive non sono di certo rosee e “l‘incertezza sarà estrema”.

A dirlo è il rapporto trimestrale dell’Ires, l’osservatorio della Cgil su economia e lavoro. A preoccupare di più sono i dati sulla disoccupazione, ormai al 5% contro il 2,2% del 2008. I più colpiti, come sempre, restano i giovani. Sotto i 35 anni gli occupati sono passati da 118mila a 96mila. Nella pratica in due anni 22mila posti di lavoro sono andati letteralmente in fumo. Non solo. Quei pochi che vengono assunti – e i primi mesi del 2011 vedono aumentare la disoccupazione, interrompendo i timidi segnali positivi del 2010 – entrano nel mercato del lavoro direttamente come precari.

Ormai solo il 14% dei nuovi contratti sono a tempo indeterminato. Contro il 30% del 2007. Un dimezzamento che di fatto rende il tempo indeterminato un miraggio per tutti, giovani e vecchi che siano. A fare la parte del leone i contratti a termine, 1 su 2, per il resto si tratta di co.co.co, co.co.pro o altre forme contrattuali marginali. E se il lavoro diminuisce, ad aumentare sono le persone che cercare lavoro per la prima volta, magari dopo anni di inattività. Nel 2010 sono state più di 7mila i nuovi iscritti agli uffici di collocamento. Segno che la crisi sta spingendo chi prima non ne aveva bisogno a cercare di arrotondare le entrate familiari. “La situazione è drammatica, siamo di fronte alla fine del modello emiliano, i vecchi modelli di sviluppo locali non funzionano più”, spiega il segretario della Cgil bolognese Danilo Gruppi. Poi l’altolà al Comune di Bologna: “C’è la crisi, è vero, ma se il welfare cittadino sarà messo in discussione le cose diventeranno molto difficili”.

Ma non basta. A preoccupare di più sono i lavoratori in cassa integrazione. Ancora non sono disponibili i dati del 2011 e le previsioni puntuali sul 2012, ma la sensazione della Camera del lavoro è che i nuovi disoccupati potranno essere migliaia e il 2012, dice Gruppi, un anno “pesantissimo”. Per il momento ci sono solo i dati dello scorso anno: sono state 22 milioni e 369mila le ore di cassa integrazione autorizzate solo in provincia di Bologna nel 2010. Il 53% in più rispetto al 2009, che del resto aveva visto moltiplicarsi per 6 le ore di cig rispetto al 2008. “Una situazione potenzialmente espolosiva, sarà difficile uscirne se non con grandissimi sforzi”, spiega il presidente di Unindustria Alberto Vacchi. “Anche dove le aziende crescono – spiega Vacchi – non si riesce ad assumere. A questo punto si tratta di un fenomeno strutturale: crescita, se c’è, senza nuova occupazione”.

Se i lavoratori piangono le imprese non ridono. Nei primi tre mesi del 2011 i prestiti in sofferenza sono cresciuti del 19.2% a Bologna e del 19.7% in tutta la regione. Dati ancora più impressionanti se si passa dalle percentuali ai crudi numeri. A metà 2011, dice il rapporto Ires, le sofferenze bancarie delle imprese toccavano il miliardo e mezzo, più del doppio rispetto al 2008. “Una situazione devastante che colpisce anche i grandi gruppi industriali”, conclude Vacchi.

“La ricchezza delle famiglie si sta sempre più erodendo – spiega l’assessore nonché coordinatore di giunta del Comune di Bologna Matteo Lepore – il bilancio che dovremo discutere per il prossimo anno sarà un vero problema. Per questo bisogna dire chiaro e tondo che non riusciremo più a mantenere il livello del welfare bolognese. Bisognerà ripensare tutto il sistema e rilanciare la crescita delle imprese. Per questo stiamo pensando a sgravi per le aziende che decidono di aggregarsi”.

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