In questi tempi di crisi, Crédit Agricole, uno dei colossi bancari francesi, passa alla cura dimagrante: procederà al taglio di 2.350 posti di lavoro su un totale di 160mila a livello mondiale (CA è presente anche in Italia, dove controlla principalmente Cariparma). La notizia, arrivata inizialmente da fonti sindacali, è stata ufficializzata stasera dai vertici del gruppo. Crédit Agricole segue la strada delle sue “colleghe”, Bnp Paribas (che nel nostro Paese controlla Bnl) e Société Générale hanno già proceduto a ridurre il personale.

Proprio loro, gli istituti di credito francesi, con diramazioni in tutto il Vecchio continente, sono da mesi nell’occhio del ciclone. Hanno investito a man bassa nei bond greci, quando il Paese ellenico pareva la nuova tigre del’Europa del Sud… L’esposizione (fortissima rispetto alle banche tedesche e soprattutto italiane) degli istituti francesi nei confronti dei bond greci è una delle ragioni del patatrac attuale. Ma l’Eba, l’autorità bancaria europea, che ha fissato precisi obiettivi (da centrare entro la fine del giugno 2012) per i requisiti patrimoniali dei maggiori istituti dell’Unione, è stata più volte accusata di essere stata troppo clemente nei confronti delle banche tedesche e soprattutto di quelle francesi, grazie alle insistenze del duo Merkozy. I conti, comunque, peggiorano sempre più: stasera CA ha ammesso che chiuderà il 2011 in profondo rosso. E anche per rispettare quelle esigenze imposte dall’Eba e prevenire nuovi rischi, i colossi francesi del credito devono ristrutturare.

Nelle settimane scorse Bnp Paribas aveva già annunciato la soppressione a breve di 1.676 posti di lavoro. Mentre Société Générale non ha specificato, ammettendo comunque di poter arrivare a più di mille dipendenti in meno. Oggi è stata la volta di Crédit Agricole: alla fine saranno eliminati 2.350 posti, 850 dei quali in Francia. I tagli riguarderanno soprattutto le attività del credito al consumo, particolarmente colpito dalla crisi dell’economia reale, e ancora di più l’investment banking, rischioso in questi tempi di bufere finanziarie. E poi questo comparto richiede cospicui patrimoni di vigilanza: risorse proprie relativamente maggiori rispetto alle altre attività. Da questo punto di vista, a dire il vero, l’Eba ritiene che Crédit Agricole non debba migliorare i suoi requisiti patrimoniali all’orizzonte del 30 giugno 2012, mentre per le altre tre grandi banche (Bnp Paribas, SocGen e Bpce) si tratta di un malloppo complessivo di 7,3 miliardi di euro. Venerdì scorso, pero’, l’agenzia Moody’s ha declassato il debito sul lungo termine di Bnp Paribas e SocGen, ma anche di Crédit Agricole: un notch in meno, a quota Aa3.

Ora a Parigi tutti si chiedono se il Governo interverrà a sostenere finanziariamente le banche. Le nazionalizzerà parzialmente? Nell’ottobre 2008 Nicolas Sarkozy, nel pieno della crisi scatenata dal crack di Lehman Brothers, aveva varato un piano di salvataggio per le banche nazionali, per un totale di 360 miliardi di euro, 40 dei quali utilizzati per le ricapitalizzazioni (il resto per i prestiti interbancari). Allora, però, lo stato di salute delle finanze pubbliche era decisamente migliore rispetto a oggi. “Lo Stato non immetterà soldi nelle casse delle banche francesi”, ha sottolineato nei giorni scorsi Valérie Pécresse, ministro del Bilancio. “Oggi – ha aggiunto – riteniamo che possano fare da sole”. Se la situazione non degenererà ulteriormente. Intanto oggi l’azione Crédit Agricole ha ceduto il 6,71%. Dall’inizio dell’anno la capitalizzazione del gruppo si è assottigliata del 55 per cento.

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