La manovra del governo aumenta la tassa di bollo per le autovetture che superano i 185 chilowatt. Il presupposto è che una vettura potente è una vettura di lusso. Ma non è un’equazione corretta perché non tiene conto del rapido deprezzamento delle auto e del fatto che esistono fuoriserie con meno chilowatt di una media cilindrata. È poi molto probabile che i produttori adeguerebbero i loro modelli in modo da aggirare la tassa. Meglio sarebbe allora fare riferimento al reale valore di mercato delle auto, utilizzando le già esistenti banche dati private.
di Paolo Naticchioni*, Lavoce.info

Il governo Monti ha decretato un aumento delle tasse sui patrimoni delle famiglie, non mediante una patrimoniale tradizionale, ma tassando i beni immobili e i cosiddetti beni di lusso. Nel decreto legge si propone di aumentare la tassa di bollo per le autovetture in misura pari a 20 euro per ogni chilowatt che supera i 185 (251 cavalli). È una tassa che effettivamente colpisce il lusso? Sostanzialmente no, per varie ragioni.

Potenza non vuol dire necessariamente lusso
Assumiamo, ed è plausibile, che il lusso nelle autovetture sia legato al possederne di nuove e di gran pregio. Subito emerge un primo elemento, cruciale nel mercato dell’auto, che non viene considerato dalla normativa. A differenza degli immobili, le autovetture si deprezzano molto velocemente,  per il deterioramento, per le norme anti inquinamento e per altre ragioni. Il paradosso principale deriva pertanto dal considerare solo la potenza e non il valore delle autovetture. Per esempio, un amante delle belle macchine e della velocità, con una situazione economica media, o medio-bassa, avrebbe potuto acquistare nei mesi scorsi una Mercedes SL 500 usata, ad esempio immatricolata nel 2002, a una cifra di poco superiore a 10mila euro, il prezzo di una Grande Punto nuova. Con la nuova normativa pagherebbe 2mila euro di tasse l’anno in più.

Allo stesso modo, un benestante che comprasse la stessa vettura nuova oggi, per un valore di 117.057 euro, pagherebbe la stessa identica tassa. Estremizzando si può sostenere che la tassa non colpisce solo il lusso, ma la passione per le automobili e la velocità. Ma si possono trovare esempi ancora più paradossali. Sempre l’amante della velocità con reddito medio-basso, e stavolta con famiglia al seguito, avrebbe potuto comprare in questi mesi una Volkswagen Passat V3.6 del 2002, un’auto familiare di classe media, spendendo solo 5mila euro. Con il nuovo sistema pagherebbe una tassa aggiuntiva di 340 euro annui, da aggiungere alla tassa di bollo sui primi 185 kw, per un totale di circa 900 euro, circa un quinto del valore della vettura. Situazioni analoghe si verificano per alcune versioni di vetture prettamente familiari, come la Ford S-Max, la Ford Mondeo, la Renault Megane, o vetture difficilmente classificabili come auto di lusso come alcune versioni della Bmw serie 1 e X1, Volkswagen Golf, Opel Insigna, Seat Leon, Skoda Superb, Alfa Giulietta. Al contrario, il benestante amante del lusso potrebbe acquistare una Bmw 730Ld Eccelsa, top di gamma, e a fronte di un acquisto di 105.270 euro non pagherebbe un euro in più in quanto la sua fuoriserie ha “appena” 180 kw.

Facile da aggirare nel medio periodo
Certamente nel primo anno la nuova tassa riuscirà nell’intento di fare cassa, ma ben presto gli agenti economici si affretteranno a fare scelte concrete per aggirarla. Il benestante che cambia spesso parco auto deciderà presumibilmente di sostituire la sua vettura per la quale paga ogni anno migliaia di euro di nuova tassa con una nuova vettura comunque di lusso, ma con una potenza prossima a 185 kw. E probabilmente le case automobilistiche faciliteranno il processo introducendo anche per i modelli top di gamma motorizzazioni che non superano i 185 kw (ad esempio per le Bmw serie 7, le Mercedes classe S e le Audi A8). Nel giro di poco tempo, pochi anni, il gettito diminuirà drasticamente, mentre il livello di ”lusso” delle auto in circolazione rimarrà sostanzialmente invariato.

Sembra pertanto evidente come la misurazione del lusso delle automobili attraverso indici legati alla potenza delle stesse ponga seri problemi di equità e risulti inefficace nel produrre gettito nel medio periodo. La soluzione che si propone consiste semplicemente nel sostituire misurazioni basate su indici di potenza con misurazioni legate al valore commerciale della vettura. Come determinare i valori di mercato delle vetture in circolazione? Tutte le compagnie di assicurazione sono già provviste di software basati su banche dati derivate da riviste specializzate che permettono di individuare il valore da assicurare per incendio e furto, e simili banche dati vengono utilizzate anche per valutare il valore delle auto usate nelle compravendite. Per ogni autovettura immatricolata in un dato anno sono disponibili i valori commerciali al variare della versione, tenendo conto anche degli accessori eventuali dell’autovettura, il tutto con puntuali aggiornamenti semestrali.

Non è facile comprendere perché questa soluzione non possa essere presa in considerazione e sviluppata. Forse risulta problematico dare una veste ufficiale, e quindi utilizzabile dall’Agenzia delle Entrate, a banche dati ”private” correntemente impiegate dagli agenti di mercato? Ovviamente, si può prevedere di sostituire completamente la tassazione vigente sul bollo, o di affiancarla alla nuova tassazione, in tal caso prevedendo un valore soglia (ad esempio sopra i 30mila euro di valore commerciale) e un’aliquota. Valore soglia e aliquota dovrebbero essere calcolati in modo da ottenere il gettito previsto dalla proposta del governo Monti (solo 168 milioni annui), oppure in modo da generare gettiti superiori, cosa sicuramente possibile passando dalla potenza ai valori commerciali. È il sistema utilizzato in altri paesi. In diversi stati degli Stati Uniti, ad esempio, la tassazione sulle auto avviene rispetto al valore commerciale, e per determinarlo vengono usate banche dati finalizzate alle transazioni dell’usato, come ad esempio il Kelley blue book.

Una parziale difesa dell’utilizzo di indici di potenza delle vetture potrebbe invece essere legata a questioni ambientali: vetture più potenti inquinano in media di più. In tal caso, sarebbe auspicabile dividere la nuova maggiorazione della tassa in due componenti separate. Da una parte, una tassazione basata sia su indici di potenza sia su indici ricavabili dalle normative anti-inquinamento. Dall’altra, una tassazione sui valori di mercato della vettura. Con il ricavato della componente ecologica si potrebbero reintrodurre incentivi per l’acquisto di auto ecologiche, ad esempio le autovetture ibride, cancellati negli ultimi anni.

*Assegnista di ricerca presso il dipartimento di Scienze Economiche dell’Università di Roma “La Sapienza”, presso la quale ha conseguito il dottorato in Scienze Economiche. Ha conseguito il master in Economics presso l’Université Catholique de Louvain, dove sta anche conseguendo il PhD nello European Doctoral Programme in Quantitative Economics. Si occupa di diverse tematiche legate all’Economia del Lavoro. Svolge un lavoro di coordinamento e di ricerca all’interno della convenzione di ricerca DSE-ISFOL

Articolo Precedente

Denunciare gli evasori

next
Articolo Successivo

L’alta velocità, il nuovo affare made in Italy

next