Foto di Virginia PanichiVista & considerata la perduta verginità della ragazzina torinese, seguita a una normale iniziazione sessuale e non a violenza carnale, ci si domanda come sia possibile che in un paese a civiltà limitata & oppressa dalla così/detta cultura cattolica, l’adolescente in questione, come presumibilmente numerose sue coetanee, fosse costretta a subire periodici controlli ginecologici di verifica della sua illibatezza, per la gioia di mammà & papà e quindi del fratello, istigatori del pogrom nel campo nomadi del quartiere delle Vallette di Torino documentato dal ilfattoquotidiano.it.

Michela Murgia su la Repubblica di oggi si augura che ci si pongano delle domande “anche su quale tipo di italianissima cultura è quella che induce una giovane donna a credere che la condizione di stuprata sia per lei socialmente più vivibile di quella di chi fa l’amore perché lo ha scelto”.

Pur dubitando che codeste domande trovino adeguate risposte in un contesto sempre più laico come il nostro – come emerge dal settimo Rapporto sulla secolarizzazione in Italia a cura della Fondazione Critica liberale e dall’Ufficio Nuovi diritti della Cgil – mentre i mezzi di comunicazione continuano a essere intasati dalla comunicazione cattolica. Tanto è vero che di fronte alle 7 ore e 23 minuti riservati nei vari talk show ai soggetti cattolici, tutte le altre confessioni religiose totalizzano una presenza di 22 minuti. Spero che almeno per questa volta, e non sarà l’ultima, possa bastare.

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