È miracolosamente “resuscitato” il camionista che investì Denis Bergamini. L’autotrasportatore che travolse il calciatore ferrarese, “suicidato” a 27 anni il 18 novembre del 1989 sotto le ruote di un tir lungo la statale Jonica a Roseto Capo Spulico, in provincia di Cosenza, è vivo e vegeto. Passa tranquillamente le sue giornate da pensionato nella stessa casa dove abitava 22 anni fa, a Rosarno, in provincia di Reggio Calabria.

Raffaele Pisano passò indenne il processo a suo carico per omicidio colposo (secondo la versione ufficiale Denis si gettò sotto il suo camion per un amore finito). L’inchiesta venne archiviata come suicidio. Da allora la famiglia di Denis ha lottato per riaprire il caso, forte delle mille incongruenze emerse nella fase delle indagini e anche dopo Fino a pochi mesi fa, quando – grazie anche all’aiuto dell’avvocato Eugenio Gallerani – è riuscita a far riaprire il caso. Da luglio il nome di Denis Bergamini è scritto sopra un fascicolo aperto dalla procura di Castrovillari per l’ipotesi di omicidio volontario a carico di ignoti

Ora un nuovo colpo di scena. Chi lo investì non è mai scomparso. E, a quanto sembra, non si è certo dato la pena di farlo sapere in giro. A riportare in vita Raffaele Pisano è un articolo a firma Francesco Mollo comparso sul Quotidiano della Calabria. A far sparire per anni le tracce dell’autotrasportatore sarebbe stato uno strano caso di omonimia (un altro Raffaele Pisano di Rosarno morì una dozzina di anni or sono).

“A volte anche l’irreale diventa reale – commenta in proposito il comitato “Verità per Denis” -. Come nacque questa notizia? si trattò di sola negligenza, da parte di qualcuno molto distratto, o qualcuno volle che risultasse così? In questi due anni i giornali calabresi e la stampa nazionale hanno parlato più volte della morte del camionista, è impossibile che non fosse informato. Perché ha taciuto? Come è possibile che nessuna forza dell’ordine, sapesse che era vivo? Questo funebre silenzio risalta ancora di più l’omicidio del calciatore Denis Bergamini. Non è possibile restare inermi ad aspettare”.

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