Nel dipanarsi di crisi economiche virulente a intervalli regolari monta l’aspettativa che un vertice, un negoziato, un’ordalia scodellino la Soluzione Decisiva. Tra i media in frenesia e il popolo trepidante risuona il grido “Ora o mai più”. Ma nel migliore dei casi si compie un faticoso passo in avanti, spesso si gira in tondo fino al successivo Grande Evento.

Nel caleidoscopio di attese, da Bruxelles emergono tre notizie moderatamente positive e un segnale politico imperioso:
1) L’Ue getta le fondamenta di un’unione fiscale di rito teutonico per troncare il lassismo à l’italienne; andrà ridefinito il perimetro dello Stato e ogni euro speso verrà scrutinato
2) Il carrozzone a 27 va in rottamazione con le sue estenuanti trattative miste ai ricatti di staterelli. L’Europa federale deve prendere decisioni in tempi rapidi
3) Il Regno Unito viene emarginato, magari come preludio a un’uscita dall’Ue dei pervicaci sabotatori del federalismo europeo.

Il segnale è contenuto nei 200 miliardi di euro conferiti al Fmi. Significa che se Spagna e Italia non cambiano rotta sul serio (finora ci sono solo apprezzabili avvisaglie) non si balleranno minuetti o sirtaki. Si passa senza esitazioni al piano approntato da tempo a Washington. Infine poca anfetamina monetaria dalla Bce, Esm da definire, niente oppio di Eurobond. I mercati rimangono in tensione. Esattamente come vuole Frau Merkel cui, nonostante l’educazione luterana, solletica l’idea di un Purgatorio per i peccatori fiscali.

Il Fatto Quotidiano, 10 dicembre 2011

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