La copertina del libro edito da Aliberti

Resistere a Equitaliasi può. Senza violenza, ma solo con le armi della giustizia ordinaria. Che non è vero che sta sempre dalla parte dei potenti, basta saperla usare. E’ indubbio che negli ultimi anni, la politica di riscossione del fisco portata avanti da Equitalia ha esacerbato gli animi dei cittadini, che si sono sentiti vessati dal fisco senza aver modo di difendersi ad armi pari. Eppure, si può fare diversamente. Elena G. Polidori, giornalista del Quotidiano Nazionale e scrittrice, ha mandato recentemente alle stampe “Resistere ad Equitalia” (Aliberti editore) dove spiega proprio come evitare di vedersi pignorare la casa, la macchina e anche il trattore perché, casomai, non si è fatto il ricorso nel tempo giusto.

Ecco tutti i modi per “uscire dai guai” con Equitalia. Senza bombe e senza violenza. Il vademecum per difendersi da Equitalia (di cui qui pubblichiamo solo un estratto) è stato scritto in collaborazione con l’Adusbef.

Si scopre spesso “per caso” di essere finiti nel mirino di Equitalia. Come può accadere? Solitamente per dei disguidi non si riceve la notifica della cartella esattoriale e così si apprende che i beni di proprietà sono gravati da un’iscrizione ipotecaria. Infatti, prima dell’iscrizione ipotecaria, con la notifica della cartella, vi è la formazione del ruolo e decorsi 60 giorni dalla notifica senza opposizione, si forma automaticamente il titolo esecutivo, in virtù del quale si ha l’iscrizione ipotecaria.

Di solito si scopre l’ipoteca quando si vuole procedere con una compravendita immobiliare o altro atto che richiede la presenza del notaio (e conseguente visura catastale). Equitalia non potrà più iscrivere ipoteca sui beni immobili dei contribuenti con tanta libertà e facilità come avveniva fino a poco tempo fa. Infatti fino al 2007 l’iscrizione ipotecaria veniva addirittura comunicata per posta prioritaria e migliaia di persone si sono trovate la casa all’asta senza nemmeno conoscerne nemmeno il motivo.

Diverse ed infinite possono essere le casistiche per cui ci si può trovare nel “mirino” di Equitalia senza saperlo: si pensi, ad esempio, al caso d’un signore che si è ritrovato gravato da un’ipoteca per un debito della sua defunta madre, mandato all’incasso dopo sette anni dal decesso, e ovviamente senza nessun preavviso. Inoltre spesso si viene a sapere dell’ipoteca sull’immobile o del fermo amministrativo dell’autovettura sempre per caso, e sempre a cose fatte. Il motivo? Per lo più si tratta d’infrazioni al codice stradale e di somme di esigua entità, cui spesso nemmeno si pensa.

Oppure si pensi ancora alle cartelle esattoriali mai ricevute, ma che il sistema bizantino delle notifiche presunte dà per notificate: ci si limita a lasciare una cartolina gialla nella buca delle lettere per far risultare la presunta avvenuta notifica, a prescindere poi dall’effettiva conoscenza della comunicazione. Oppure si pensi alle cartelle esattoriali sulle quali è stata proposta istanza di sgravio al prefetto per avvenuta prescrizione, ricorso al giudice di pace, appello alla commissione tributaria.

D’ora in avanti, per mezzo del decreto 106/2011, Equitalia dovrà rispettare una procedura diversa che tutela maggiormente i diritti dei contribuenti, oltre che considerare determinare soglie di debito fiscale.

In questo modo viene cancellato definitivamente quel brutto effetto sorpresa che ha colpito diversi contribuenti negli ultimi anni, che si vedono a loro insaputa ipotecato un immobile per debiti fiscali, anche per importi molto contenuti. A dire il vero, nel corso del 2010, si era già proceduto ad una prima rivisitazione di queste problematiche; ma nel 2011 ci sono state altre importanti novità. Da questo momento in poi, infatti, Equitalia, deve inviare una comunicazione con l’avviso che, in assenza di pagamento delle somme dovute entro 30 giorni si procederà con l’iscrizione ipotecaria. Per poter però fare questo è necessario che il debito del contribuente nei confronti del Fisco superi determinate soglie di spesa.

Più precisamente, l’importo minimo per poter iscrivere ipoteca è di 8.000 euro. Però, se l’immobile è adibito ad abitazione principale oppure è cointestata, allora tale soglia aumenta fino a 20.000 euro. Gli importi appena indicati varranno anche alla fine dell’espropriazione forzata, nel senso non si potrà far partire la vendita forzata di un bene immobile adibito ad abitazione principale se l’importo del debito fiscale non superi i 20.000 euro.

Arriva una cartella di Equitalia e mi dice che devo pagare una cifra astronomica relativa a multe che dovrebbero essere passate in prescrizione; cosa si deve fare?

Si può prima di tutto chiedere la sospensione che può avvenire per via giudiziale, amministrativa ed in taluni casi dall’agente della riscossione. Inoltre dal 1 ottobre 2011 gli avvisi di accertamento emessi dall’Agenzia delle Entrate diventano esecutivi (L. n. 111 del 15 lug. 2011). Dunque se viene notificata una cartella di pagamento per tributi, multe, etc.. prescritti è necessario procedere con un ricorso per eccepire tale prescrizione. In particolare, si possono percorrere tre strade.

1. La prima è quella di impugnare l’atto dinanzi all’Autorità giudiziaria competente, se si ritiene infondata la richiesta di pagamento o se sono stati commessi errori nella procedura di riscossione.

2. La seconda è quella di presentare un’ istanza di autotutela all’Ente creditore, chiedendo lo sgravio/discarico, se l’infondatezza della richiesta di pagamento è così evidente da poter essere riconosciuta dallo stesso Ente creditore, senza fare ricorso all’Autorità giudiziaria (ad esempio quando il pagamento è già avvenuto e si è in possesso della ricevuta).

3. La terza è la sospensione dell’esecuzione: al riguardo, la Legge n. 106/2011 ha previsto la sospensione dell’esecuzione forzata per un periodo di centottanta giorni dall’affidamento in carico agli agenti della riscossione degli atti.

Tale sospensione non si applica con riferimento alle azioni cautelari e conservative, nonché ad ogni altra azione prevista dalle norme ordinarie a tutela del creditore. Tale sospensione, inoltre, non opera nell’ipotesi in cui gli agenti della riscossione, successivamente all’affidamento in carico degli atti, vengano a conoscenza di elementi idonei a dimostrare il fondato pericolo di pregiudicare la riscossione. L’istanza di sospensione formulata dal contribuente in sede di giudizio dinanzi alle commissioni tributarie deve comunque essere decisa, come già precisato, entro centottanta giorni dalla data di presentazione.

Cosa si deve fare quando arriva una cartella pazza?

Procedere immediatamente con un’ istanza in autotutela, la quale non sospende i termini per il ricorso: se non interviene lo sgravio della cartella entro 30 giorni, occorre procedere con il ricorso in commissione tributaria (o diverso organo competente se l’oggetto della cartella non sono tributi) per evitare che il titolo diventi definitivo. Di tanto in tanto la notizia torna a farsi viva fra le pagine dei giornali: il concessionario della riscossione, per motivi misteriosi, inizia ad inviare pacchi interi di cartelle di pagamento con richieste di pagamento assolutamente assurde. Si tratta delle famose “cartelle pazze”.

La nuova società pubblica incaricata di gestire la riscossione dei tributi erariali, Equitalia, non è riuscita ad evitare la stessa inquietante sequenza di errori dei suoi predecessori nell’incarico. Questo accade perché, non avendo provveduto Equitalia a rendere il dovuto agli Enti Impositori, questi non possono contabilmente azzerare i propri crediti, e quindi non possono annullare la segnalazione ad Equitalia e consociate, le quali dal loro canto, nulla hanno fatto per comunicare l’avvenuto pagamento. Perciò, persistendo le vecchie segnalazioni, si continua a tartassare il medesimo contribuente, richiedendogli le somme magari già soddisfatte, e caricate da ulteriori more.

Ciò avviene per lo più per somme di relativa entità, perché evidentemente si conta sul fatto che il contribuente, per reagire in Commissione tributaria o in Tribunale correrebbe il rischio di pagare cifre sproporzionate al debito, quindi pro bono pacis spesso paga, e poi come ringraziamento si trova Equitalia che, fatto decorrere un pò di tempo riprende lo “stillicidio”. Naturalmente, il problema è risolvibile dai contribuenti interessati, recandosi agli sportelli di Equitalia e chiedendo l’annullamento (o, quanto meno, la rettifica) delle cartelle ricevute.

I contribuenti che ritengono di aver ricevuto una cartella di pagamento per tributi già pagati o interessati da un provvedimento di sgravio o sospensione, non dovranno più fare la spola tra gli uffici pubblici: basterà compilare un’autodichiarazione per interrompere le procedure di riscossione. Ciò tramite il già citato istituto dell’autotutela, una procedura stragiudiziale che viene messa in atto inviando all’ente creditore -per raccomandata a/r – una richiesta in carta semplice contenente gli estremi dell’atto e i motivi per i quali se ne chiede l’annullamento o la correzione, allegando la documentazione che dimostra l’errore.

In base a una direttiva emanata nel 2010, la riscossione sarà immediatamente sospesa qualora il contribuente sia in grado di produrre un provvedimento di sgravio o di sospensione emesso dall’ente creditore in conseguenza della presentazione di un’ istanza di autotutela, una sospensione giudiziale oppure una sentenza della magistratura, o anche un pagamento effettuato in data antecedente alla formazione del ruolo in favore dell’ente creditore. Il cittadino compilerà un modulo ed entro i successivi dieci giorni, l’agente della riscossione porterà all’attenzione dell’ente creditore la documentazione consegnata dal debitore, al fine di ottenere conferma o meno dell’esistenza delle ragioni di quest’ ultimo. In caso di silenzio degli enti, le azioni volte al recupero del credito rimarranno comunque sospese.

Bisogna però considerare che la procedura di autotutela non sospende automaticamente il termini per fare il ricorso giudiziale (presso il giudice di pace o la commissione provinciale tributaria, a seconda dei casi). È quindi consigliabile agire tempestivamente e chiedere che tale sospensione venga concessa, ed in caso di risposta negativa stare molto attento a non far decorrere i giorni utili (30, 40 o 60 a secondo dei casi). Dopo tale termine, infatti, il ricorso giudiziale non può essere più presentato.

Quando si finisce nel mirino di Equitalia si innescano una serie di meccanismi per cui non solo ci si trova a dover pagare forti somme ma si finisce anche iscritti alla centrale rischi della banca D’Italia, un fatto che poi rende impossibile l’accesso al credito bancario. È una manovra a tenaglia dalla quale sembra impossibile sfuggire; c’ è un modo?

Purtroppo dal 1 ottobre 2011, nel termine di 60 giorni dalla notifica senza opposizione e degli ulteriori 180 giorni prima dell’esecuzione forzata, non si esclude che si possa comunque iscrivere ipoteca con comunicazione alla Centrale rischi della Banca d’Italia, con evidenti conseguenze pregiudizievoli per gli imprenditori che hanno degli affidamenti in corso con gli Istituti di Credito.

I rischi che si corrono a non pagare le cartelle esattoriali sono di due tipi, lavorativi e patrimoniali. I rischi lavorativi consistono, in primo luogo, nell’impossibilità di farsi rilasciare il Durc dall’Inps o dall’Inail, necessario ad effettuare i lavori e a partecipare alle gare d’appalto; in secondo luogo, nel blocco dei pagamenti presso gli enti; ed, infine, nella revoca del fido bancario.

In particolare, relativamente al primo aspetto, chi svolge un attività lavorativa specialmente di tipo operativo, necessita per lavorare sui cantieri del Durc o certificato di regolarità contributiva; ma se risultano contributi Inps o Inail insoluti, gli enti previdenziali bloccano il rilascio del certificato, paralizzando l’attività e impedendo la partecipazione a qualsivoglia gara d’appalto.

Riguardo al blocco dei pagamenti, chi lavora con gli enti pubblici rischia che i crediti da incassare per i lavori effettuati vengano assorbiti da Equitalia. L’ultimo rischio lavorativo è quello del blocco del fido: nel momento in cui la banca viene messa a conoscenza dalla Centrale Rischi dei debiti esattoriali, il cliente viene invitato a rientrare.

I rischi patrimoniali sono i più devastanti: l’Equitalia, infatti, può scegliere se procedere al fermo amministrativo dei mezzi di trasporto, all’ipoteca sulla casa o ancora al pignoramento presso terzi. Il fermo amministrativo, detto anche ganasce fiscali, comporta il blocco dell’auto, impedendone la circolazione, a pena di incorrere nel sequestro della vettura e in multe salate. In proposito, l’aspetto più bizzarro è che spesso il proprietario dell’autovettura non è neppure a conoscenza dell’esistenza del fermo sulla sua auto: ciò è esplicativo della prepotente dittatura fiscale dello Stato italiano.

Altro rischio patrimoniale è il pignoramento presso terzi, che riguarda i crediti che il soggetto vanta nei confronti di soggetti terzi, enti o banche e che comporta la drastica conseguenza del blocco del conto.

Chi si è trovato con la casa ipotecata e non ha i soldi per pagare il presunto debito con Equitalia subito, come può fare per fermare la vendita all’incanto della casa? Se il debito è inferiore a 20.000 euro, l’immobile è adibito a prima casa, e se la somma è contestata in giudizio, non può essere iscritta ipoteca. Se vi è una procedura esecutiva in corso possono essere solamente usate le normali procedure previste per l’opposizione all’esecuzione, ma che difficilmente portano alla sospensione della vendita.

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