Non c’è che dire, è un autunno caldo.

Sarà perché l’euro e il sistema economico che lo sorregge stanno per crollarci in testa proprio sotto Natale, addio regali, Israele minaccia di cominciare un’altra guerra, stavolta contro l’Iran, il quale produce armi nucleari, assalta le ambasciate straniere  mentre i partiti islamici conservatori stravincono le elezioni in tutte le neonate democrazie nordafricane e fanno cucù all’Europa.

Oppure sarà perché fa semplicemente caldo, quest’autunno come gli ultimi dieci, visto che il decennio 2002-2011 è stato il più rovente dal 1850, quando i cowboys e gli indiani se le davano di santa ragione, Garibaldi era tornato in Italia (la penisola) da due anni, i tedeschi non avevano ancora preso la sana abitudine di invadere la Francia e per la prima volta veniva misurata con accuratezza la temperatura atmosferica.

Fa molto caldo. Ci stiamo avvicinando a una crescita dell’aumento della temperatura globale di due e passa gradi Celtius, roba che tra qualche anno per andare al mare basterà aprire la finestra e tuffarsi, per chi avrà la fortuna di abitare al terzo piano. Se invece abiti nel Corno d’Africa, oggi, la spiaggia non finisce mai e muori di fame prima di arrivare al bagnasciuga. Eppure sulla conferenza sul clima di Durban si addensano nuvole di sfiga fantozziana, non solo perché è la numero diciassette.

Il primo di gennaio del 2013 scade la prima fase di applicazione del protocollo di Kyoto (1997), secondo il quale gli stati industrializzati avrebbero dovuto diminuire le emissioni di gas serra del 5% rispetto al 1990. Naturalmente non è stato rispettato da nessuno o quasi. Gli USA e la Cina, che il protocollo non l’hanno nemmeno firmato e  sono responsabili del 50% delle emissioni di gas, vengono alla conferenza solo per tenersi d’occhio e porre veti incrociati. Le delegazioni di Canada, Russia e Giappone hanno già avvisato che non firmeranno nemmeno il conto dell’albergo, i paesi emergenti (dalle acque?) hanno mandato a dire che preferiscono morire alluvionati ma col Rolex al polso. E mentre chiacchierano fa sempre più caldo.

Se nei prossimi cinquant’anni la temperatura crescerà ancora, i nostri nipoti faranno bene a nascere con le pinne e il boccaglio o con la gobba da dromedario, a seconda di dove verranno messi al mondo, sperando che non vengano spazzati via dal primo tornado d’estate. Quanto la situazione sia seria lo si capisce dall’intervento del Santo Padre. Inutile stare a ripetere le cazzate che ha detto, l’importante è che si sia accorto che c’è qualcosa che non va. Quando succede, è sempre troppo tardi.

di Andrea Garello

Il Misfatto, inserto satirico de Il Fatto quotidiano, domenica 4 dicembre 2011

Articolo Precedente

Nessuno è perfetto

next
Articolo Successivo

Il lungo oddio

next