Devo ringraziare padre Ugo Sartorio, direttore del Messaggero di Sant’Antonio, per quanto ha detto nel corso della puntata di lunedì 21 novembre di Ascolta si fa sera, su Rai Radio 1. La trovate in streaming in rete, vale la pena ascoltarla perché insegna una lezione molto importante.

Padre Ugo prende spunto da un’affermazione di Gesù, riportata dal vangelo secondo Matteo 5,1-7,28 nel Discorso della Montagna: “Sia il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno”, per affermare che la comunicazione, per essere tale, deve essere semplice, diretta, chiara, deve dire la verità.

Se non lo è non è comunicazione e quindi non è possibile costruire nel tempo il capitale di relazione con i “clienti”, non importa se di una religione, di un partito politico di un prodotto, di un servizio. La complessità sociale attuale, almeno nei paesi industrializzati come il nostro, impone la progettazione, manutenzione, crescita nel tempo del capitale di relazione per massimizzare la probabilità di ottenere un equilibrio quasi stabile che consenta al contempo la crescita continua. Per farlo – dicono i sacri testi, non religiosi ma di marketing – occorre essere affidabili, trasparenti, autentici. In altre parole la marca nell’accezione di brand, deve essere un brand “decente”. La decenza significa la definizione e condivisione dei valori, nonchè la costante misurazione delle caratteristiche a essi associati. Così recita la teoria. In pratica le cose non stanno così. Sono troppo pochi i brand che hanno declinato valori e caratteristiche e che hanno posto in essere strategie e azioni finalizzate all’ottenimento degli obiettivi collegati. Soprattutto i brand della politica.

Gesù dice agli apostoli e a chi lo sta ascoltando che occorre schierarsi nei fatti dalla parte della verità. Dal canto suo, Paolo Iabichino, direttore creativo di Ogilvy e autore del libro Invertising – spero non si monterà troppo la testa per il confronto -, parla della necessità di superare la vecchia idea che ciò che conta nel marketing sia il posizionamento per assumere quella nuova dell’indispensabilità, o meglio obbligo, di prendere posizione e di comunicarla perché la comunicazione ha l’obiettivo di contribuire a rendere questo mondo un luogo migliore.

Dice Padre Ugo che non è possibile accettare la continuazione del mondo attuale basato sui se, sui ma e sui forse. L’indecisione ha di certo contribuito al non governo dei sistemi dell’economia mondiale e ha comportato l’insorgere e soprattutto il perdurare della crisi che sta affliggendo tutti. Siamo stati e siamo ancora in tanti, troppi, a essere disponibili a tracciare “serpentine di opinioni” senza dire cosa si vuole. Padre Ugo parla delle persone ma le stesse considerazioni valgono per le marche.

Sono poche quelle che prendono una posizione, che affermano in cosa credono e non hanno bisogno di promettere, di firmare pseudo-atti notarili in diretta televisiva, perché dalle loro azioni traspare sincerità e verità. Hanno preso posizione e assunto decisioni che scavalcano il tempo. I se e i ma hanno il tempo che trovano. Il se condiziona il sì. Esempio: se ci si sposa pensando che siano presenti dei se e dei ma, se non si ha la certezza che l’altra/o sia l’eletto, il destinato, l’unico, quando si pronuncia il sì, non è un sì senza tempo. Oggi è sì, domani è forse e fra un anno si divorzia.

Provate a passare in rassegna le recenti comunicazioni politiche in Italia. Quante dicono sì senza ma e forse?

Come fidarsi di messaggi indecisi rivolti a indecisi?

Dice ancora Padre Ugo che “il cuore ha bisogno di totalità”. Non di parzialità. O sei tu il mio destinato, la mia destinata, o non lo sei. Non puoi esserlo solo in parte. Non si può neanche pensare che ci si è trovati per caso. La scelta è un atto deliberato. Può essere innescato dall’istinto, dal cuore ma richiede un processo di razionalizzazione per potere scegliere. Per sempre.

Insisto. Padre Ugo parla alle persone di persone, io penso alle marche e ai loro clienti.

Stiamo vivendo un’opportunità formidabile. Certo, stiamo vivendo una crisi profonda. Pensavamo di essere forti e brillanti e ci ritroviamo deboli e impauriti. Certezze granitiche si stanno sbriciolando. Per fortuna. La decadenza porta alla generazione di dubbi e i dubbi comportano la definizione di domande. Il processo di ricerca di possibili risposte consente di frenare il declino, invertire la tendenza.

Abbiamo accumulato, noi mondo occidentale industrializzato, una tale mole di esperienze e risorse che nulla ci è precluso se siamo in grado sia di ridefinire la nostra visione, ovvero sapere per chi e per cosa facciamo quello che facciamo, sia di individuare chi è in grado di definire e gestire i nuovi processi.

Un tentativo in tale senso è in atto nel mondo della politica e della pubblica amministrazione. Forse. Grazie Padre Ugo.

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