“La disgrazia della lotta politica in Italia è legata alla dimenticanza dell’uomo, per cui abbiamo cittadini che sono quel che volete, vale a dire con denominazioni politiche svariatissime, ma con nessuna sostanza umana. Prima di essere ammessi a un partito ci vorrebbe la promozione a uomo”. Inutile scervellarsi. Queste parole, di un’attualità disarmante, non appartengono a nessun pensatore dei nostri giorni – peraltro merce rara -, ma sono uscite dalla penna di don Primo Mazzolari il 25 settembre del 1945. Fanno parte dei molti scritti politici che il parroco di Bozzolo – antifascista e anticomunista, sempre e comunque dalla parte degli ultimi – ha prodotto tra il 1940 e il 1955 e che stavano rischiando di finire nel dimenticatoio.

La casa editrice Chiarelettere ha pensato di raccoglierne – grazie anche alla collaborazione e alla consulenza della Fondazione don Mazzolari di Bozzolo, che quest’anno festeggia i 30 anni della nascita – una selezione significativa nel libro da poco uscito nella collana di Instant Book con il titolo Come pecore in mezzo ai lupi (150 pagine, 7 euro). A impressionare, come si diceva, è l’attualità del pensiero di don Mazzolari, parroco “resistente” (vicino alla causa partigiana) di piccoli paesi del mantovano come Cicognara e Bozzolo con una lungimiranza e una freschezza intellettuale da subito invisa al Vaticano, che in più occasioni ne censurò pubblicazioni e scritti. Salvo riabilitarlo pochi anni prima della morte, avvenuta il 12 aprile del 1959. Fu l’allora arcivescovo di Milano, monsignor Montini (il futuro Papa Paolo VI) a tendere la mano a don Primo, rinchiuso nella sua Bozzolo come un personaggio scomodo. Era il 1957. Una volta divenuto Papa, Montini disse di don Mazzolari che “aveva il passo troppo lungo e noi si stentava a tenergli dietro. Così ha sofferto lui e abbiamo sofferto anche noi. Questo è il destino dei profeti”.

Profeta o non profeta, quel che è certo è che don Primo ha saputo scavare nella politica, è stato in grado di coglierne l’essenza e per questo è riuscito a smascherarne i difetti. Era convinto che la politica dovesse andare oltre i partiti e concentrarsi sugli uomini eliminando interessi e privilegi. Era certo che la politica dovesse andare a braccetto con la democrazia. Ma si rendeva conto che i due universi erano sempre più distanti, contrastanti.

Introdotto da una prefazione di un altro prete di frontiera come don Virginio Colmegna, il libro si articola in cinque parti. La prima dà spazio agli scritti più attuali, ancora oggi capaci di stupire per la violenza intellettuale con cui abbattono le barriere della “finta” politica; le altre sezioni toccano i giovani, la tolleranza, il mestiere dell’uomo, la giustizia sociale. Utile soffermarsi sull’ultima sezione del libro, quella in cui don Mazzolari fa una riflessione sul comunismo che, troppo frettolosamente, ha portato l’opinione pubblica a catalogarlo come “prete rosso”. Senza pregiudizi ideologici, il parroco di Bozzolo analizza il pensiero comunista e vede molte somiglianze con quello cristiano: “Cosa vogliono i comunisti? – scrive don Primo – La fine delle ingiustizie e la felicità di tutti gli uomini. Cosa vogliono i cristiani? La fine delle ingiustizie e la felicità di tutti gli uomini. La differenza è sui mezzi e sul modo di concepire il bene, conseguenza di una diversa visione dell’uomo e della vita”.

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