La prima casa potrebbe essere salva. E la patrimoniale è in bilico. Nella manovra in preparazione, che avrà un’entità intorno ai 25 miliardi di euro (5 di delega fiscale), è in corso un braccio di ferro pesante tra Monti e le forze politiche dell’ex maggioranza. Se la Lega ha già ribadito la sua più ferma contrarietà alla modifica del regime pensionistico sul fronte dell’anzianità, nel colloquio con Angelino Alfano di questo pomeriggio il premier Monti si sarebbe sentito ribadire la netta chiusura del Pdl all’introduzione della patrimoniale sui capitali anche oltre il milione di euro. Nelle parole di Alfano, che subito dopo ha pubblicamente invocato “equità e attenzione alle famiglie”, non si può non leggere il tentativo estremo degli uomini di Silvio Berlusconi di tutelare non solo il proprio elettorato di riferimento ma, soprattutto, il Cavaliere stesso. Certo, difficilmente il Pdl si prenderà la responsabilità di bocciare la manovra Monti, ma il segnale politico potrebbe arrivare anche da un’astensione, in modo da far passare la manovra solo con i voti dell’ex opposizione. Le voci che circolano in queste ore parlano anche della possibilità che Monti, vista la situazione, possa anche chiedere la prima fiducia del suo esecutivo sull’intero pacchetto, in modo da costringere il Pdl a uscire allo scoperto e fare una netta scelta di campo, ma sulla questione si sta trattando.

La manovra, così come l’ha presentata Monti ad Alfano, non piace proprio al partito azzurro. L’incontro si è infatti protratto per oltre due ore. Anche sull’aumento dell’Irpef Alfano si sarebbe mostrato perplesso ma pure su questo, come poi sottolineato dall’avvocato Paniz, “la cosa non ci piace ma possiamo digerirla comunque”. La patrimoniale, però, è un’altra faccenda, colpirebbe il cuore dell’elettorato azzurro. A poco sarebbero servite le motivazioni di Mario Monti, che avrebbe parlato di una serie di misure mirate, tali da costituire comunque nel complesso una tassa sul patrimonio, ma calibrate a seconda dell’effettiva sostanza posseduta, sia in termini mobiliari ma, soprattutto, immobiliari (la tassa di stazionamento delle imbarcazioni sarebbe solo un aspetto del problema e non la sua sostanza principale). Nel mirino di questa manovra, infatti, pare esserci soprattutto un fattore: il mattone. Monti vuole reintrodurre l’Ici, ma anche in questo caso non in modo indiscriminato, bensì attraverso un aumento delle rendite catastali e solo successivamente con l’introduzione graduale della tassa tolta da Berlusconi.

La prima casa, allo stato attuale della trattativa in corso, possa dirsi parzialmente in salvo. La reintroduzione dell’Ici, infatti, dovrebbe riguardare soprattutto il possesso di altre case (la seconda, la terza e cosi’ via). La prima casa dovrebbe evitare il prelievo perché si pensa di garantire un franchigia sulla rendita catastale al di sotto della quale consentire una fascia di esenzione. Ad esempio, per i possessori di prima casa, l‘Ici non è dovuta fino a una rendita catastale di 50 mila euro. Mentre invece, nelle seconde e terze case, l’aliquota della nuova Ici sarà progressiva e salirà. La rivalutazione delle rendite catastali che sta studiando il governo dovrebbe aggirarsi attorno al 15%. C’è da dire, comunque, che il tetto dei 50 mila euro come base di esenzione è piuttosto basso mentre l’aumento delle rendite catastali è in grado di garantite un gettito immediato di svariati milioni di euro provenienti soprattutto dai centri storici della grandi città dove le aliquote catastali non sono state riviste da almeno vent’anni.

La trattativa con Monti prosegue, ma all’orizzonte non si staglia il sereno, specie sul fronte della maggioranza che dovrà accogliere le misure in Parlamento già lunedì mattina. C’è aria di burrasca soprattutto nella maggioranza e in zona Di Pietro, dove soprattutto le voci Irpef e pensioni hanno riportato l’ex pm di Mani Pulite sull’Aventino: “Se ancora una volta – ha detto Antonio Di Pietro – l’aumento delle tasse sarà per tutti, allora la persona onesta finirà per essere ‘cornuta e mazziata’ e in questo caso non c’era bisogno di un governo Monti, lo sapeva fare pure Berlusconi”. Al momento non è ancora chiaro se Monti riuscirà ad anticipare a domani sera il consiglio dei ministri in modo di trovarsi con le misure già approvate all’apertura dei mercati di lunedì mattina. Ma questo è l’intento del premier tecnico.

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