“Nessuno può né deve decidere della mia vita. Solo io posso farlo. Ed io ho deciso: qualora dovessi trovarmi in una condizione psico-fisica di morte voglio che sia interrotta qualsiasi terapia perché ciò significherebbe accanimento terapeutico. Vivere significa capire, farsi capire, ragionare, esprimersi, poter scegliere e decidere, anche se non totalmente, pienamente”. Queste sono solo alcune parole prese dalle intenzioni rilasciate su www.lamiascelta.it, il primo network italiano che raccoglie le volontà del popolo di internet riguardo il proprio testamento biologico.

Un progetto, online da maggio scorso, e realizzato dall’agenzia di comunicazione Holly Water, che si occupa spesso di campagne a sfondo sociale. “L’idea nasce dall’intento di mettere a disposizione questo network per tenere conto delle volontà dei cittadini e rispettare ciascuna opinione. Non vuole essere quindi una battaglia politica, bensì un passo avanti verso un maggiore garantismo, affinché ogni individuo possa essere libero di determinare le proprie intenzioni”, spiega Chiara Sansoni, direttore creativo della campagna sociale. “Uno strumento dunque di sensibilizzazione nei confronti del legislatore perché emetta norme in armonia con quanto stabilito dalla Convenzione di Oviedo” (per la protezione dei diritti dell’uomo e la dignità dell’essere umano riguardo alle applicazioni della biologia e della medicina, ndr).

Gli utenti, per aderire all’iniziativa, possono inserire la propria Dichiarazione di trattamento anticipata (Dat) allegando un testo, una propria foto o un video. I contenuti che vengono caricati hanno l’obiettivo di creare un grande archivio virtuale delle volontà di coloro che credono nel diritto all’autodeterminazione, e riportare l’attenzione dei legislatori sulle Dat.

Un tema scelto dall’agenzia proprio per le sue lacune legislative e per sensibilizzare l’opinione pubblica attraverso il web con una campagna creative ed efficace. “Abbiamo avuto dei risultati che, per un progetto indipendente come il nostro, si possono dire eccezionali – racconta Camilla Porlezza, copywriter della campagna – Più di duemila risultati su Google, tra articoli, post, tweet e condivisioni. Più di tremila visitatori unici e trecento iscritti che hanno prenotato la loro scheda. Ma c’è un dato interessante che fa riflettere: se migliaia di persone hanno condiviso e diffuso il progetto, solo in 150 hanno messo nero su bianco le loro volontà. Perché? Crediamo sia perché il tema è delicato. È facile parlarne, più difficile mettere nero su bianco, pubblicamente, le proprie volontà di fine vita”.

In Italia, nella proposta di legge approvata alla Camera, che deve ancora passare in Senato, il paziente malato può dichiarare esplicitamente quali trattamenti ricevere, ma non escludere quelli a cui non desidera essere sottoposto. Le Dat non sono quindi vincolanti per i medici ed escludono la possibilità di sospendere nutrizione e idratazione, a eccezione dei casi in cui per il paziente è stata accertata l’assenza di attività cerebrali. Dunque il paziente non è libero di scegliere.

Alcuni comuni italiani hanno deciso allora di unirsi – anche a seguito della campagna iniziata nel 2009 dall’associazione di Luca Coscioni – nella “Lega degli enti locali per il registro delle dichiarazioni anticipate di trattamento”, per tutelare le Dat espresse dai cittadini nei municipi, e far in modo che abbiano valore giuridico, anche nel caso fosse approvato l’attuale ddl sul testamento biologico in discussione al Senato.

Il testamento biologico (con la denominazione di “Living will”) è stato introdotto per legge negli Stati Uniti nel 1991. Uno dei principi della legge è quello relativo all’idratazione e all’alimentazione artificiale, considerate a tutti gli effetti come terapie e in quanto tali rifiutatabili attraverso il testamento biologico. Stesso principio è seguito anche in altri paesi occidentali. Alcuni italiani decidono di andare in Svizzera (come recentemente Lucio Magri, ndr), paese più vicino all’Italia, dove è possibile fare la propria scelta perché la legge si basa sul principio di allargare il diritto all’autodeterminazione del malato, che può rinunciare preventivamente all’idratazione artificiale e designare un custode della sua volontà anche al di fuori dalla cerchia dei familiari. La Chiesa cattolica elvetica non è favorevole ad un diritto alla morte, ma preferisce comunque non intervenire su queste tematiche. L’Olanda, invece, è il primo Paese al mondo che, nel 2001, ha modificato il Codice penale per rendere legali, in alcune circostanze rigorosamente normate, sia l’eutanasia che il suicidio assistito dal medico.

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