In Gran Bretagna mercoledì 30 novembre la maggior parte delle sigle sindacali – che rappresentano un totale di 2.6 milioni di lavoratori pubblici – hanno indetto uno sciopero, una grandissima industrial action, che vedrà coinvolte migliaia di persone.

Le motivazione ufficiali dello sciopero sono le pensioni statali e il mancato raggiungimento di un accordo con il governo.

In realtà la mobilitazione ha anche altre cause, che vanno ricercate nei tagli selvaggi al settore pubblico messi in atto dal Governo Tory.

Proprio ieri il Cancelliere Osborne ha pronunciato il suo Autumn Statement sulla situazione economica: come previsto dall’opposizione, la situazione in UK è seriamente preoccupante, con la crescita ferma allo 0.7% per l’anno prossimo e poco più per gli anni successivi. Osborne ha ammesso il rischio recessione, dando dettagli di una serie di nuove misure per il risanamento, e ha ribadito come la scelta di voler ridurre il deficit rimanga centrale nella sua azione economica.

Tagli, dunque, mentre arrivava la conferma che saranno 720.000 i lavoratori del settore pubblico che perderanno il posto.

I programmi di investimento saranno poi finanziati con trasferimenti da altre risorse; ad esempio la riduzione del child tax credit, strumento introdotto dal precedente Governo Brown per favorire i genitori che lavorano. Tagliandolo si risparmieranno 975 milioni di sterline, che saranno destinati fino all’ultimo penny ad alleggerire le tasse sulla benzina. L’Istituto del Tesoro che si occupa di analizzare l’impatto delle riforme, ha valutato che nel 2012-13 aumenterà la povertà infantile.

Un quadro grigio e preoccupante, quello dipinto dal Governo.

Preoccupa anche la capacità di gestione della crisi economica da parte della Coalizione, che sembra sempre meno capace di produrre crescita economica. Non c’è infatti dubbio che i tagli drammatici decisi l’anno scorso abbiano stroncato la ripresa, riducendo i soldi in tasca alle persone e alle imprese, la loro capacità di spesa, e la fiducia nel futuro.

Il discorso di Osborne avveniva nello stesso giorno in cui il mercato ha costretto l’Italia a pagare interessi annui fino al 7.89% per prendere a prestito denaro, spaventando il resto del mondo con la prospettiva di una crisi dell’Europa davanti alla quale il piano di salvataggio del Cancelliere diventerebbe carta straccia. Immagino gli occhi siano puntati sulla Germania e sul suo ruolo nel salvare l’Euro.

Nei sondaggi il partito Labour è nettamente in vantaggio, ma molti commentatori suggeriscono che il team Ed MilibandEd Balls ancora non riesca a conquistare l’elettorato sulla propria capacità di gestire l’economia. Ho già parlato del progetto di Miliband, un ambizioso piano di ridefinire le regole del gioco. I dettagli del progetto si vanno delineando coraggiosamente a poco a poco, e ne riparlerò in futuro in quanto può essere fonte di ispirazione.

Viene però da pensare al seguente dilemma: in che modo il centrosinistra possa candidarsi a guidare l’Europa fuori dalla crisi. Vale la pena osservare che in Spagna, dove la disoccupazione è al 15.22% (e al 45% tra i più giovani), la gente si sia sentita più rassicurata votando la destra.

Io credo fortemente che nel Regno Unito sia compito dei progressisti ridefinire i termini di un contratto sociale, dato che la disuguaglianza ha raggiunto livelli altissimi producendo al contempo una forte domanda di giustizia e di equità.

In un paese come questo è infatti interessante pensare a come si possa manifestare il concetto di equality. Forse è troppo semplicistico calcolare la disuguaglianza come divario tra massimo e minimo e, quindi, bilanciarla trasferendo risorse dal 10% più ricco al restante più povero; in altri termini, non bastano le sole politiche fiscali, ma c’è bisogno di nuova economia. Tra le idee che stanno circolando mi convince, ad esempio, la maggiore presenza dei lavoratori nei luoghi dove si discutono tutte le remunerazioni (vertici inclusi) dell’impresa.

Parleremo di questi temi in un dibattito che ho organizzato giovedì, con l’Università di Cambridge e con l’Istituto di ricerca Ippr. Voglio affrontarli in un’ottica di genere: le donne sono quelle che maggiormente pagano le conseguenze di questa crisi, quelle più messe sotto attacco dai tagli del Governo. Il seminario, di cui parlerò nel prossimo post, proverà a discutere cosa significhi oggi promuovere uguaglianza e quali strumenti siano disponibili.

Nel frattempo ho davanti un week-end di campagne elettorali: venerdì ho preso un giorno di ferie e andrò nel collegio di Feltham per le elezioni suppletive, dove la direttrice del Fabian Women’s Network (del quale io dirigo la rivista) è stata selezionata come candidata. Nel weekend invece lavorerò per Ken “il rosso”, ex sindaco di Londra, che è bene riprenda la guida della città nelle elezioni del prossimo aprile, mandando a casa l’attuale sindaco Boris Johnson, dallo stile troppo berlusconiano – anche se il modello rimane lontanissimo da ogni analogia!

Articolo Precedente

Da studenti a clandestini. La Francia rispedisce a casa le élite extracomunitarie

next
Articolo Successivo

Liberi e critici nella nuova Tunisia islamica

next