Protesta contro il presidente siriano Bashar Assad

Il tempo dell’attesa sembra finito anche per la Turchia, e dopo critiche sempre più accese anche Ankara annuncia sanzioni contro la Siria. Avvicinandosi alle manovre di Lega araba, Washington e Unione europea e prendendo sempre più le distanze dalla Russia. Il tutto mentre nel Paese proseguono le violenze definite nell’ultimo rapporto delle Nazioni unite come “crimini contro l’umanità”.

Ad annunciare il nuovo passo della Turchia è stato oggi il ministro degli Esteri di Ankara, Ahmet Davutoglu, che nel pomeriggio ha fatto sapere che l’esecutivo è pronto per presentare un pacchetto di misure contro Damasco i cui dettagli potrebbero arrivare al termine del suo incontro con il presidente della Repubblica, Abdullah Gul, e con il premier Tayyip Erdogan.

La Turchia ha fatto sapere che, se la Siria non interromperà le brutali aggressioni contro i civili che da oltre otto mesi scendono in piazza chiedendo le dimissioni del presidente Bashar al Assad, tutto il trasporto commerciale turco diretto in Medio Oriente passerà attraverso l’Iraq, boicottando di fatto la rotta siriana.

Non solo. Davatoglu è tornato a parlare di un’opzione accennata in diverse occasioni in queste ultime settimane: ovvero che la comunità internazionale, in caso di esodo massiccio dalla Siria, cerchi di creare una zona cuscinetto nel Paese per proteggere i profughi dopo che nei giorni scorsi le forze siriane sono state accusate di aver aperto il fuoco contro i civili in fuga verso la Giordania.

Linea dura, insomma. Perché se la Turchia da una parte ribadisce il suo no all’opzione militare in Siria, lo stesso Davatoglu ha scelto parole non proprio categoriche (“Speriamo non si renda necessario un intervento militare”), e ha fatto sapere che “Se continuerà la repressione, la Turchia è pronta a ogni scenario”.

Esattamente il contrario di quanto ribadito, con una certa asprezza, da Mosca. La Russia ha confermato, infatti, di essere contraria all’embargo sulle armi alla Siria. Secondo il ministro degli Esteri moscovita Serghiei Lavrov, infatti, “le proposte di imporre un bando sulla fornitura di ogni tipo di armi sono abbastanza disoneste”. Il riferimento è al caso della Libia verso la quale, nonostante il blocco del Consiglio di sicurezza dell’Onu, il commercio non è stato di fatto mai interrotto.

Lavrov, poi, ha anche invitato i partner internazionali ad abbandonare “il linguaggio degli ultimatum”, scegliendo la via sponsorizzata in Yemen, dove “la comunità mondiale, manifestando pazienza, insistenza e influenza paritaria su tutte le parti del conflitto ha ottenuto la firma del piano di pace che offre la possibilità di stabilizzare la situazione”. Un piano di pace, in realtà, con molte ombre (come il ruolo delle forze armate) e la cui tenuta resta ancora tutta da verificare sul campo.

Le notizie che arrivano dalla Siria, intanto, riportano dell’ennesima giornata di violenza con l’esercito impegnato con carri armati nell’assedio di Zankoz, città vicino a Damasco dove almeno 20 civili sarebbero stati arrestati. Testimoni raccontano delle vie di accesso alla città chiuse, di rastrellamenti e sparatorie in cerca di disertori mentre almeno dieci persone, secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, sarebbero state uccise in diverse zone del Paese.

Motivo per il quale, oggi, il ministero degli Esteri dell’Arabia Saudita ha invitato i propri connazionali a lasciare la Siria: troppo pericoloso restare nel Paese.

di Tiziana Guerrisi

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