L'ad di Fiat Sergio Marchionne

Quaranta interventi e oltre quattro ore di dibattito. Ma al termine del consiglio comunale di Torino, aperto alle parti sociali e ai rappresentanti di altre istituzioni sulla questione Fiat, i commenti più entusiasti parlavano di “occasione sprecata” o “parole a vuoto”. Il dibattito si è reso necessario dopo l’azzeramento degli accordi sindacali da parte del Lingotto e in vista del vertice tra i dirigenza e rappresentanti dei lavoratori. Il Lingotto non ha fornito informazioni nuove né fatto promesse davanti a consiglieri comunali, parlamentari torinesi, amministratori locali e parti sociali che volevano chiarezza sui piani dopo due anni di cassaintegrazione e dopo il referendum del 14 gennaio scorso a Mirafiori. Solo giunti al tavolo si saprà quale decisione è stata presa sul nuovo contratto per i lavoratori degli stabilimenti italiani.

“Le recenti decisioni assunte dalla più grande azienda italiana, la Fiat, stanno generando premesse di un allarme rosso – ha detto all’apertura il presidente del Consiglio comunale Giovanni Ferraris -. Cerchiamo un dialogo costruttivo”. Fiat ascolta e rimane ferma, facendo sapere tramite il responsabile delle relazioni industriali del Lingotto, Paolo Rebaudengo, che “la nostra presenza qui è assolutamente inusuale. Lo dico per evitare che rappresentanti di altre istituzioni possano pensare che si possa replicare”. La partecipazione è “eccezionale” perché avviene “per rispetto istituzionale nei confronti di questa città, che fa parte dell’acronimo della società”.

Poi, nell’intervento conclusivo, ha criticato chi parlava di “ricatto”, riferendosi all’intervento della delegata Fiom al reparto “carrozzerie” di Mirafiori, Nina Leone. “Sono stato molto disturbato quando sono state fatte certe affermazioni – ha detto Rebaudengo -. Non esiste una logica di pistola alla tempia. Non c’è nessuno che ha ricattato nessuno. Ci sono delle opportunità che la gente può liberamente scegliere”.

Il responsabile relazioni industriali Fiat è entrato nel merito di quanto fatto negli stabilimenti italiani, ma non ha proferito parola sui nuovi piani per Mirafiori, come si aspettavano i consiglieri comunali. Per gli stabilimenti di Cassino e Melfi i progetti sono chiari, mentre “le iniziative su Pomigliano sono partite. A chi commenta i ritardi, voglio sottolineare un aspetto non marginale: giovedì mattina ero a Pomigliano ed è uscita la prima vettura a soli 17 mesi dall’accordo”. Per quanto riguarda l’impianto torinese, invece, invita tutti “a vedere Mirafiori com’è adesso e com’era sei anni fa. Non possiamo dimenticare che nel 2004 c’era un problema di crisi della Fiat e ora c’è un problema di crisi complessiva”.

L’intenzione è “fare della Fiat un’industria che sia competitiva nel sistema-Paese”: “Abbiamo solo chiesto di volerlo fare in un contesto di reciproco rispetto delle cose fatte e degli impegni presi – ha affermato Rebaudengo -. Abbiamo cercato di mantenere le conquiste dei lavoratori in cinquant’anni. Continueremo a chiedere ai sindacati che sottoscrivono gli accordi di mantenere gli impegni presi”.

A concludere il consiglio è stato il sindaco Piero Fassino con un discorso “ecumenico”, dovuto probabilmente all’intenzione di non gravare sull’incontro tra azienda e sindacati: “Il gruppo Fiat-Chrysler continui a considerare l’Italia un Paese strategico, e Torino sia un polo strategico. Queste sono le nostre due richieste”, ha detto affermando che è “più utile creare le condizioni perché la Fiat decida di rimanere in Italia e a Torino e sia indotta a confermare i suoi investimenti qui e a programmarne altri”. Per questo ha sperato che l’esecutivo Monti si impegni a fondo, non come il precedente governo: “Sollecitiamo il governo a mettere in campo politiche di sviluppo industriale e noi non ci sottraiamo a mettere in campo tutto ciò che è necessario per garantire lo sviluppo dell’azienda e alla tutela dei lavoratori e dei loro diritti”. Tutto questo “affinché chi opera e chi vive in questa città possa guardare con fiducia e speranza nel futuro”.

Un po’ più duro l’intervento dell’assessore regionale al Lavoro Claudia Porchietto, con un passato da presidente dell’Associazione delle piccole e medie imprese di Torino. Ha ricordato al Lingotto quali conseguenze stia provocando l’impasse dello stabilimento di Mirafiori, a cominciare dalle crisi della Lear, un’azienda dell’indotto con 464 dipendenti in mobilità: “Questo è un territorio che deve sapere se la sua principale azienda ha ancora la possibilità e non soltanto la volontà di investire qui”. Poi l’invito a non aspettare ancora perché “non è pensabile che Fiat attenda la ripresa per avviare gli investimenti. Le istituzioni locali possono intraprendere politiche industriali serie solo conoscendo la tempistica degli investimenti dell’azienda automobilistica torinese”.

Per Cesare Damiano, deputato e capogruppo del Pd in commissione Lavoro, “la Fiat deve delle risposte alla città per quanto riguarda le sue scelte di investimento annunciate ma che non trovano un’attuazione in tempi brevi”. Ha poi chiesto un intervento del governo come quello di sabato sulla chiusura di Termini Imerese.

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