Lo sciopero generale ritorna a essere un mezzo di lotta sindacale e politica che accomuna le proteste di milioni di persone in molti paesi del mondo. E’ ritornato in America Latina (dove in realtà non ha mai smesso di essere presente), negli Stati Uniti (con lo sciopero del 2 novembre scorso a Oakland, dopo ben 65 anni), nel Nord Africa e, naturalmente, in Europa (Grecia, Italia, Spagna e Portogallo).

Il dibattito in seno ai movimenti rivoluzionari (anarchici, comunisti e socialisti) sull’importanza di questo potente mezzo di lotta è stato ampio e di particolare rilevanza negli ultimi decenni del XIX secolo e agli inizi del ventesimo. Le riflessioni di Rosa Luxemburg sono quelle che hanno maggiormente segnato tale dibattito.

Storicamente, in diverse parti del mondo, lo sciopero generale è sempre stato uno strumento di resistenza contro il peggioramento delle condizioni lavorative e salariali e anche contro l’ingiusta cancellazione o limitazione di diritti sociali e civili delle classi subalterne. Ma allo stesso tempo ha avuto anche un carattere offensivo dal punto di vista politico. Parliamo, ovviamente, di scioperi generali che, all’epoca, coinvolgevano la maggior parte dei lavoratori (e anche di altre parti sociali, comunque minacciate dalle condizioni sociali ed economiche) e che si attuavano senza preavviso e duravano, talvolta, giorni o settimane.

All’inizio del XXI secolo il mondo intero è attraversato da una crisi economica che non ha precedenti nella storia. In molti paesi – in particolare nei cosiddetti Piigs (Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna) – vengono adottate dai rispettivi governi misure economiche che attaccano frontalmente gli strati più poveri della società, i lavoratori in primis. Alcuni sindacati e partiti di questi paesi hanno immediatamente indetto scioperi generali, talvolta più di uno sciopero generale nell’arco di poco tempo. Così in Grecia. E così anche in Portogallo, dove oggi si è svolto il secondo sciopero generale per protestare contro i tagli imposti dalla Bce e dal Fmi, in cambio di 78 miliardi di euro. La scelta della data è simbolica, sia perché esattamente un anno fa, cioè il 24 novembre 2010, fu organizzato il primo sciopero generale contro la crisi, sia perché oggi, in Parlamento, inizia la votazione della legge di bilancio dello Stato.

Lo sciopero è stato indetto ed organizzato dai due maggiori sindacati portoghesi: Ctgp e Ugt. L’adesione dei lavoratori è stata molto alta, in particolare nel settore dei trasporti pubblici e della sanità. Almeno 121 i voli cancellati dalla compagnia di bandiera e moltissimi gli ospedali che hanno garantito soltanto gli interventi più urgenti. Gli organizzatori si dicono molto soddisfatti e dichiarano che questo di oggi sia stato il più grande sciopero degli ultimi trent’anni.

Resta tuttavia da capire quali saranno i risultati effettivi. Come l’evento potrà cambiare i rapporti di forza in campo e quanto riuscirà a dimostrarsi uno strumento di effettiva resistenza all’offensiva del capitale finanziario. Proprio oggi, del resto, la nota agenzia finanziaria, Fitch, ha nuovamente declassato i titoli di stato portoghesi, da BBB- a BB+. I titoli portoghesi, dunque, sono ora considerati mera spazzatura (junk bond li definisce il mercato). Notizia pessima per tutti i lavoratori portoghesi, perché significa che l’attuale governo in carica, guidato dal socialdemocratico (coalizione di centrodestra) Pedro Passos Coelho, spingerà ulteriormente per l’attuazione di misure economiche ancora più drastiche di quelle finora messe in atto.

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