C’è il braccio armato, la parte più istintiva, animalesca e violenta della Camorra. Ma ci sono anche i “colletti bianchi”, gli imprenditori che non si sporcano le mani, ma le usano per indicare la via degli interessi economici e del business. Parliamo di Gomorra, questa volta in versione testo teatrale andato in scena al teatro Duse di Bologna.

Scritto dall’autore del libro, Roberto Saviano, insieme a Mario Gelardi, regista e drammaturgo napoletano, ben prima dell’uscita del romanzo. “Stavamo scrivendo uno spettacolo insieme, mentre Roberto lavorava sul suo libro”, racconta il regista. “All’inizio nessuno voleva produrlo, poi dopo il successo di Gomorra in molti ci hanno cercato”.

“L’idea che Gomorra potesse mutare dimensione e divenire forma teatrale sembra essere parte del suo destino. Ancora non era uscito il libro che Mario Gelardi e Ivan Castiglione – ha detto Saviano, che si trova a New York per parlare di mafia e legalità davanti agli indignati di Zuccotti Park – mi chiesero di poter trasformare qualsiasi cosa avessi scritto in forma teatrale. Come se avessero dal primo momento in cui ci eravamo incontrati in mente cosa fare. Come una sorta di necessità. Qualcosa che puoi affrontare solo assecondandoti ad essa”.

“Gomorra a teatro è come una sventagliata di kalashnikov – afferma Mario Gelardi – rapida, violenta, che si staglia su un vetro blindato facendo fori più grandi e fori più piccoli. Ma è anche il racconto di una città, di un Paese, che ci appare sempre in bilico, come il cantiere quasi abbandonato in cui lo spettacolo è ambientato”. Sono sei i personaggi scelti per lo spettacolo: imprenditori, giovani delinquenti e un attore che incarnerà Roberto Saviano, il narratore che conduce gli spettatori fra le storie messe in scena, e scava nella coscienza civile del Paese. Intorno a lui una realtà triste e drammatica del Paese, che si è espansa a macchia di leopardo anche al nord Italia.

Ed è proprio al nord che lo spettacolo ha avuto maggior successo. “E’ una questione di politica teatrale – spiega Gelardi -, al sud pensano che il pubblico sia poco interessato. Gli spettacoli sono stati in gran parte da Roma in su. A Genova è sempre stato pieno, così come a Milano, in Piemonte e andremo anche in Sardegna”. Cinque anni di vita per Gomorra in versione teatrale, che è uscita anche dai confini della penisola, come a Parigi o in Germania.

Gelardi ricorda che in Emilia Romagna, la regione che per tre giorni ospita il suo spettacolo, “la mafia è presente, spero che voi lo sappiate, ne siete pieni”. E racconta di quando a Modena, l’ultima volta che mise in scena lo spettacolo, alcuni giovani di Casal di Principe aspettarono fuori dal teatro gli attori e alcuni sputi volarono sulle loro macchine.

Lo spettacolo inizia con il discorso che il giovane giornalista napoletano tenne, nel settembre del 2006, proprio a Casal di Principe, cittadina nota per le pesanti infiltrazioni camorristiche. “È un prologo – dice Gelardi – e voglio che faccia capire allo spettatore che in fondo non si tratta di un semplice spettacolo. Quel discorso, teatralmente difficile perchè lungo circa dodici minuti, è fondamentale per capire l’intera opera. Si parte con la consapevolezza di certe situazioni”.

C’è tanta violenza in scena e alcune parti in napoletano, “ma non è importante capire – spiega Gelardi – perchè quello che viene detto è cattivo, malvagio, violento. Non voglio che il pubblico simpatizzi con il male, ho reso questi mafiosi così schifosi da non farli minimamente piacere”.

Il teatro civile comporta responsabilità e il regista di Gomorra spiega che “non è un lavoro facile, anche se nessuno mi ha obbligato, e bisogna stare attenti a come si dicono le cose, ma anche all’aspetto etico. Non si può essere equivoci, non c’è una linea sottile, non esiste: se qualcuno uccide un bambino è chiaro da che parte sta”.

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