Non salvaguardare la deontologia professionale e non garantire i giovani. Sono le accuse all’ordine degli architetti lanciate da comitati e movimenti di professionisti che alzano la voce. In un momento in cui la funzione degli albi viene messa in discussione da più parti e il nuovo governo Monti potrebbe intraprendere la strada di liberalizzazioni che portino al loro ridimensionamento o chiusura.

Uno dei casi portati ad esempio del mal funzionamento degli ordini è quello di Angelo Zampolini, l’architetto romano legato alla “cricca” dell’imprenditore Diego Anemone e di Angelo Balducci, ex presidente del Consiglio superiore dei Lavori pubblici. Zampolini non ha ancora subito sanzioni dall’ordine. Eppure, sei mesi fa, ha patteggiato 11 mesi di reclusione per favoreggiamento, con sospensione della pena. Secondo la ricostruzione accusatoria, l’architetto cambiava il denaro ricevuto da Anemone in assegni circolari. Che poi venivano utilizzati per comprare alcune case, come quella dell’ex ministro Claudio Scajola di fronte al Colosseo. “Un comportamento del genere lede di certo la dignità della professione – dice Antonio Marco Alcaro, presidente del movimento Amate l’architettura-. E il codice deontologico imporrebbe delle sanzioni come la sospensione o la radiazione dall’albo”.

Poche settimane prima che Zampolini patteggiasse la pena, un altro architetto romano, Daniela Fastoso, classe 1977, aveva offerto sul sito Groupon consulenze scontatissime: solo 24 euro per ricevere “una nuova planimetria con una soluzione di arredo inclusa”. La reazione dell’ordine, in questo caso giudicato di concorrenza sleale, era stata immediata, con la richiesta a Groupon di sospendere la promozione e la convocazione dell’architetto Fastoso. Una disparità di trattamento rispetto al caso Zampolini, che il presidente dell’ordine di Roma, Amedeo Schiattarella, giustifica così: “Nel caso di Groupon, bisogna considerare che la velocità del web impone di intervenire con rapidità. Per Zampolini, invece, un’eventuale procedura deve essere basata sull’acquisizione di atti documentali, come quelli della magistratura sul patteggiamento”. E questo, secondo Schiattarella, richiede più tempo.

Ma Alcaro non ci sta. “Se ci fosse stata una seria volontà di intervenire – dice – si sarebbe già arrivati a una sanzione. Un professionista può commettere azioni che, pur rispettando il codice civile e penale, non rispettano quello deontologico. Quindi un ordine professionale ha il dovere di intervenire, senza aspettare le decisioni dei giudici”. Un problema, quello del lassismo, che va al di là del caso singolo e che riguarda altri albi. “In Italia ci sono casi di ordini che non si occupano con tempestività di iscritti che abbiano a che fare con la giustizia”, dice Emanuele Nicosia, vice presidente di Professionisti Liberi, un comitato nato a Palermo che, con un forte richiamo all’etica e alla lotta alla criminalità organizzata, cerca di fare nel mondo delle professioni quello che Addiopizzo e Libero Futuro hanno fatto in quello del commercio e dell’impresa.

I professionisti che non rispettano legalità e deontologia, per Nicosia, hanno anche la colpa di “inquinare e drogare il mercato del lavoro”. Un ambito su cui non c’è solo il mancato rispetto delle regole deontologiche a influire negativamente. “L’ordine non vigila nemmeno sulla correttezza dei datori di lavoro iscritti all’albo”, accusa Laura Calderoni, una delle fondatrici del comitato Iva sei Partita, che difende architetti e ingegneri precari. Molti giovani, pur essendo a tutti gli effetti dipendenti degli studi, sono infatti costretti a lavorare con partita Iva. “L’ordine – conclude Calderoni – dovrebbe intervenire per porre un freno anche a questa tendenza. Ma non lo fa”.

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