Visto che la sua nomina è avvenuta in seguito all’urgenza-mercati, mi sarei aspettato che Mario Monti, il giorno dopo il suo incarico, tenesse un corso accelerato di economia alle principali forze politiche. Spiegando loro cosa non ha funzionato nel progetto Euro, e concordando i punti chiave da sostenere con forza nella negoziazione con Merkozy riguardo all’Euro-caos.

L’economista Roubini ha scritto il 10 novembre scorso: “Solo se la Bce diventa un prestatore illimitato di ultima istanza e taglia i tassi di riferimento a zero, in combinazione con una svalutazione del tasso di cambio dell’Euro con il dollaro americano fino a raggiungere la parità, più uno stimolo fiscale in Germania e nei paesi del centro dell’Euro-zona, mentre nella periferia si implementano programmi di austerità, potremo evitare il disastro che sta per prodursi”.

In questo caso, il ruolo di “prestatore illimitato di ultima istanza” consiste nella possibilità di finanziare i deficit di un paese “stampando moneta”. Gli Stati Uniti, l’Inghilterra e il Giappone possono finanziarsi a tassi bassi, pur in presenza di valori non rassicuranti nei rispettivi parametri deficit/Pil e/o debito pubblico/Pil e/o tasso di crescita del Pil, proprio perché le rispettive banche centrali assumono questo ruolo. E di conseguenza l’investitore corre il rischio di venire ripagato con un ammontare svalutato per l’effetto cambio (nel caso di un investitore estero) o per l’inflazione, ma non quello di non essere ripagato (rischio “default”).

La Germania si oppone alle ipotesi in linea con quella proposta da Roubini, a causa della cultura anti-inflazionistica ben radicata nel paese. La medicina che la Germania vuole somministrare alla periferia della zona Euro, Italia inclusa, è quella dell’austerità fiscale, e delle riforme strutturali per ridurre i costi del lavoro e aumentare la produttività.

Ma il rischio connesso a un tale approccio risiede nella creazione di un circolo vizioso, per cui le misure di austerità provocano recessione, che induce una diminuzione dei prezzi, degli stipendi e delle entrate fiscali, che a loro volta aumentano l’ammontare del debito in termini reali. E’ quello che sta accadendo in Grecia.

Questo rischio sarebbe notevolmente ridotto dando alla Bce il ruolo citato prima. I tassi d’interesse resterebbero relativamente bassi, diminuendo il costo del debito, e la svalutazione dell’Euro favorirebbe le esportazioni e la crescita del Pil. Se l’Italia facesse pressioni in questo senso, potrebbe trovare una sponda favorevole nella Francia, non così ossessionata come la Germania dai pericoli dell’inflazione, e preoccupata del possibile estendersi del “contagio” ai propri titoli di stato.

Per il momento sembra che Monti abbia parlato di tutto tranne che di questi argomenti, che sono al cuore del motivo per cui ha ricevuto il suo incarico nell’emergenza. Questo non promette nulla di buono. E intanto ieri gli spread italiani erano in deciso aumento, e anche i titoli francesi sembrano, come temuto, entrati nella spirale di sfiducia degli investitori.

Non vorrei che la prospettiva fosse non soltanto quella di avere un governo che non abbia il supporto parlamentare per affrontare gli annosi problemi prettamente italiani con una linea politica chiara e decisa, ma anche quella di un governo che di fronte all’emergenza Euro mantenga un atteggiamento piuttosto passivo e in linea con il diktat tedesco, non riuscendo a evitare l’Euro-disastro evocato da Roubini. In questo caso sarebbe meglio andare a elezioni anticipate.

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