Un uomo è morto nel reparto detentivo di un ospedale tre giorni dopo un fermo di polizia. La mente corre a Stefano Cucchi, la storia si ripete. Il Garante per i detenuti del Lazio, Angiolo Marroni, ha denunciato il caso di Cristian De Cupis, un 36 enne romano fermato il 9 novembre alla stazione Termini con le accuse di resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale. Giunto all’ospedale Santo Spirito con escoriazioni, De Cupis avrebbe detto di essere stato pestato dagli agenti della Polfer e avrebbe sporto denuncia.

Il giorno successivo, l’uomo (che viveva nel quartiere romano della Garbatella) è stato ricoverato nella struttura protetta del nosocomio Cristian De Cupis: gli è stata eseguita una Tac, poi il suo arresto è stato convalidato e il giudice ha disposto i domiciliari una volta terminato il ricovero. Ma non ha fatto in tempo: Cristian De Cupis è morto prima di poter tornare a casa. Una morte quanto meno sospetta, secondo il Garante, che chiede alla magistratura di fare presto. “A chi lo ha incontrato nei giorni del ricovero l’uomo era parso a tratti agitato e a tratti lucido, comunque non in condizioni che potessero far immaginare una morte repentina – ha spiegato Marroni –. A conferma di ciò, la circostanza che l’uomo, solo due giorni prima dell’arresto, si era rivolto ad una struttura di orientamento per detenuti per cercare un lavoro”.

Detenuti, pestaggi, numeri che non fanno più notizia. “La situazione è comparabile a quella dello scorso anno, non è accaduto nulla di significativo. Ma significativo è il fatto che non è accaduto nulla”. L’associazione Antigone presenta il suo annuale rapporto sulle condizioni di detenzione e il suo presidente Patrizio Gonnella pone l’accento su tutto quello che non è stato fatto. Il Piano carceri, per esempio, tanto sponsorizzato dall’ex Guardasigilli Alfano, ma rimasto sulla carta: soltanto in questi giorni sono usciti i primi tre bandi per l’ampliamento degli istituti di Lecce, Taranto e Trapani. Un Piano che costa 661 milioni di euro e che si sarebbe dovuto realizzare entro il 2012.

“Avrebbero dovuto realizzare un migliaio di posti letto in più –. Ma se i detenuti in eccesso sono 22 mila, cosa ce ne facciamo di mille brande?”. Al 30 settembre 2011 i detenuti erano 67. 428 a fronte di una capienza regolamentare di 45. 817. Tra di loro, gli stranieri sono 24. 401. Soltanto 37. 213 le persone con una sentenza passata in giudicato. L’affollamento carcerario ci vede agli ultimi posti in Europa. Colpa dei troppi delinquenti? “No, colpa di leggi ideologiche come la Fini-Giovanardi sulle droghe – spiega il presidente di Antigone – che fanno entrare in carcere persone pericolose soltanto verso se stesse. Il 37 per cento di chi è in galera ha violato quella legge. La media europea è del 15-18 per cento. Se si aggiunge la ex Cirielli sulla recidiva, i piccoli spacciatori ricevono pene più severe senza la possibilità di misure alternative”.

Proprio quelle che mancano in Italia. Secondo il rapporto, coloro che nel 2009 hanno iniziato a scontare una misura alternativa al carcere sono poco più di 13 mila (contro le 123 mila della Francia, per esempio). In carcere la dignità non esiste più. A San Vittore sono detenute 1. 635 persone contro una capienza di 712. A Poggioreale si fanno i turni anche per stare in piedi. In cella si muore: 154 decessi dal primo gennaio al 25 ottobre, di cui 53 suicidi. Non ci sono diritti neanche per i bambini: nel penitenziario romano di Rebibbia 24 minori di tre anni vivono con le loro mamme (il nido ne potrebbe ospitare 19). Ma la notizia più grave è che non ci sono più soldi. Nel 2010, le direzioni degli istituti hanno denunciato un’esposizione finanziaria di 120 milioni di euro nei confronti dei fornitori dei servizi essenziali. Il risultato è che i detenuti rimangono pure senza riscaldamento. Solo il 20 per cento della popolazione carceraria lavora e i fondi per gli incentivi alle assunzioni da parte di cooperative sociali e imprese sono finiti. La polizia ha una carenza di organico di 6 mila unità.

da Il Fatto Quotidiano del 15 novembre 2011

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