Ci sono volute 27 ore non stop. Con diverse polemiche e scontri in aula. Ma alla fine il Consiglio comunale di Milano ha approvato la delibera per la vendita delle quote di Sea e Serravalle: 29 i voti favorevoli del centrosinistra, un astenuto (Marco Cappato dei Radicali) e nessun contrario, ma Pdl, Lega e Movimento 5 stelle non hanno partecipato al voto. L’urgenza era dovuta alla necessità di rispettare il Patto di stabilità, dando seguito al bando che sarà formalmente aperto domani e prevederà, con la medesima base d’asta di 365 milioni di euro, due opzioni alternative: la cessione del 20% della società aeroportuale più il 18,6% di quella autostradale, oppure la cessione del 29,75% della sola Sea.

“Grazie a tutti, maggioranza e opposizione, per il lavoro svolto”, così Giuliano Pisapia ha salutato e lasciato l’aula alla fine della votazione. Anche lui, come molti consiglieri, non ha chiuso occhio: in Consiglio dalle 14.30 di ieri per seguire l’interminabile dibattito sul bando di gara. Allo scoccare della 24esima ora, gli hanno fatto un applauso: l’iniziativa è addirittura partita dai banchi della minoranza, per riconoscere l’impegno del sindaco. Unica distensione in una seduta altrimenti molto combattuta, segnata dall’ostruzionismo degli esponenti del Pdl. Che all’illustrazione degli oltre trenta emendamenti da loro presentati hanno alternato cori e proteste. Contro la maggioranza e contro il presidente del Consiglio comunale Basilio Rizzo, “colpevole” di avere deciso all’alba di limitare la durata degli interventi. Una mossa criticata anche dal suo predecessore Manfredi Palmeri, ma motivata dal tentativo votare entro mezzogiorno.

Obiettivo fallito. Al voto non si è riusciti ad arrivare fino alle 17.30. Sul piatto il bando per cedere parte delle quote possedute dal Comune in Sea e Serravalle. La giunta, dopo settimane di discussioni in cui non sono mancate polemiche all’interno della stessa maggioranza, ha presentato la proposta di un’asta con incluse due diverse alternative: un’opzione A, simile all’offerta già ricevuta dal fondo F2i di Vito Gamberale (cessione del 20% di Sea e del 18,6% di Serravalle) oppure la cessione del 30% di Sea (opzione B). L’opposizione ha chiesto senza successo lo stralcio della “B”. Ha poi combattuto altri due punti previsti dalla giunta: la scelta del direttore finanziario di Sea lasciata in mano al nuovo azionista in entrata e l’incasso da parte del Comune del dividendo di Sea da 124 milioni di euro, in modo da aumentare il valore della società in vendita.

Alla fine è passato un bando che includerà entrambe le opzioni, mentre per la nomina del direttore finanziario di Sea ci vorrà anche il gradimento dell’azionista di maggioranza, che rimarrà Palazzo Marino (un emendamento dell’Idv prevede che la partecipazione non scenda sotto il 50,1%). Su proposta della Lega, poi, il pagamento all’amministrazione comunale del dividendo di Sea è stato dilazionato: metà nel 2012 e metà nel 2013. Le operazioni di assegnazione e vendita, per cui sinora hanno mostrato interesse un fondo indiano e uno cinese, oltre a F2i, dovranno essere concluse entro metà dicembre, al fine di garantire a Palazzo Marino le risorse necessarie al rispetto dei vincoli di bilancio imposti dal Patto di stabilità. Ma sul bando ora pende la minaccia da parte del Pdl di un ricorso al Tar, visto il contingentamento dei tempi imposto in aula, e di un esposto alla Corte dei Conti: “La maggioranza ha preferito assecondare le richieste del privato Gamberale, piuttosto che arrivare a un accordo politico con noi”, attacca il capogruppo Carlo Masseroli. “Non si può pensare che i temi della politica possano essere risolti dalla magistratura”, ribatte Pisapia.

Polemiche che seguono 27 ore di scontro in aula. “Libertà, libertà”, hanno intonato i consiglieri del Pdl per protestare contro i limiti di tempo agli interventi. E ancora: “Vergogna, vergogna”, quando il capogruppo del Pd Carmela Rozza ha chiesto di prolungare la seduta per consentire il voto. Visi pallidi, occhiaie. Ogni tanto qualcuno si accascia per appisolarsi qualche minuto, la fronte appoggiata sul braccio. E’ una sfida anche a chi riesce a stare più sveglio. “Prova del suo rispetto è che lei è andato a dormire”, accusa dai banchi del Pdl Pietro Tatarella, rivolto all’assessore al Bilancio Bruno Tabacci. “Io non ho chiuso occhio”, confida ai giornalisti Masseroli. “Non è vero, stanotte è tornato a casa”, ribatte un consigliere di maggioranza.

La misura della resistenza di ognuno è pure nel numero di caffè bevuti: sei o sette per la democratica Maria Elisa D’Amico. “Io quattro tazzine più due the”, dice Giulio Gallera (Pdl), che confida un piccolo segreto: “Un po’ di cioccolato amaro per riattivarmi”. Scherza Mattia Calise, consigliere del Movimento 5 stelle: “Hanno appena cambiato la macchinetta: caffè quasi imbevibile”. Poi racconta di quando, ieri sera, è stato accusato dagli esponenti del Pdl di fare “intercettazioni ambientali”, per avere registrato con l’iPhone una trattativa avvenuta fuori dall’aula tra esponenti di maggioranza e opposizione: “Un file che ieri ho proposto di mettere a disposizione dei colleghi nel caso si volesse verbalizzare quanto detto nella riunione”.

Solo tre i caffè del sindaco. Stanco? “No, nella mia vita ho fatto di peggio”, racconta in una delle poche pause che si prende, giusto per fumare una sigaretta nel cortile di Palazzo Marino. Prima del voto Pisapia ha già vinto la gara di resistenza con Letizia Moratti, che al dibattito non si è nemmeno presentata. E che, quando guidava la giunta, in aula non c’era quasi mai.

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