La comprensione chiara e generale del disegno complessivo che muove le cose del mondo, sia detto chiaramente, è fuori dalla portata di tutti noi. Forse anche di quegli stessi che si trovano, per meriti o per logiche aristocratiche, ai vertici della società globale. Del resto i rapporti tra i singoli individui – e quindi tra i gruppi di cui fanno parte – sono governati dalla matematica del caos, dalla teoria delle rete o, se volete, dall’effetto del famoso battito d’ali di farfalla.

Detto questo, vi sono certamente delle spinte che tengono a riorganizzare il tessuto sociale per favorire l’ascesa di alcuni interessi a discapito di altri. Quando questi stimoli si organizzano in maniera trasparente e condivisa parliamo di politica. Quando si organizzano lontano dai riflettori, realizzano un sistema dentro al sistema che genera interrogativi e proietta ombre talvolta inquietanti. Su questo, perlomeno, mi pare non ci si possa dividere. Lo stesso Zbigniew Brzezinski, membro fondatore della Commissione Trilaterale su mandato di David Rockefeller, del Gruppo Bilderberg nonché consigliere per la sicurezza nazionale durante il mandato presidenziale di Jimmy Carter,  nel 2007 diceva:

“Certamente in qualsiasi sistema politico ci sono accordi che si stringono al tavolo e accordi che si stringono sotto al tavolo. Se parliamo delle organizzazioni che hai menzionato, in realtà sono tutte sopra al tavolo. Sappiamo chi sono. Sappiamo cosa fanno. Probabilmente in molti casi esageriamo la loro influenza. Ma, cosa più importante, operano con trasparenza. Chiunque voglia sapere cosa fa il Consiglio sulle Relazioni Estere (Cfr) può facilmente scoprirlo.”

Difficile dire altrettanto, però, del Gruppo Bilderberg, una conferenza annuale dove si incontrano le stesse persone che occupano, in massima parte, il ruolo di membri della Commissione Trilaterale e quello di ministro, segretario e parlamentare nei nostri parlamenti (da Mario Monti a Giulio Tremonti a Emma Bonino e così via) e dove l’accesso è rigorosamente vietato a qualsiasi giornalista. Rockefeller, ex presidente della Chase Manhattan Bank, lo stesso che ha fondato la Commissione Trilaterale e che ovviamente, per non farsi mancare niente, è membro anche del Bilderberg, avrebbe dichiarato:

“Siamo grati al Washington Post , al New York Times, al Time e ad altre grandi testate i cui editori hanno partecipato ai nostri meeting rispettando il loro impegno di discrezione per quasi 40 anni. Sarebbe stato impossibile per il Gruppo Bilderberg sviluppare il proprio piano per il mondo se fosse stato soggetto alle luci dei media in questi anni”.

A prescindere dal fatto che sarebbe curioso domandarsi, nel nostro paese, quali editori e quali testate abbiano partecipato “con discrezione” al “piano per il mondo” – sezione Italia, parliamo comunque delle stesse persone che, a leggere il rapporto della Commissione Trilaterale The Crisis of Democracy, ritengono che negli States vi sia un eccesso di democrazia, che un’eccessiva partecipazione democratica abbia paralizzato i sistemi politici nell’Europa dell’est e che le uniche democrazie che abbiano mai funzionato siano state quelle dove una significativa parte della popolazione è restata ai margini del dibattito politico, letteralmente “in apnea”.

Mi pongo e vi pongo una domanda: visto che Mario Monti, oltre che valente economista, è anche un uomo Commissione Trilaterale, Goldman Sachs e Bilderberg, esattamente come Lucas Papademos che guarda caso si è insediato ad Atene nello stesso identico momento in cui i governi di Italia e di Grecia cadevano simultaneamente, e visto che Milano Finanza riporta che Goldman Sachs sarebbe all’orgine  dell’ondata di speculazione che ha aggredito i titoli di stato italiani, dichiarando nel contempo in un comunicato stampa che le “elezioni sono lo scenario peggiore per i mercati” (sui quali influiscono grazie al cosiddetto “parco buoi”) e  che ci vuole un “governo tecnico per abbassare lo spread”, è lecito per un cittadino chiedersi quali e quanti di questi accordi siano stati presi sotto al tavolo?

Se pensate che sia lecito, allora ritagliatevi una ventina di minuti e guardate il video che introduce questo post. E’ di qualche giorno fa, dunque gli ultimi aggiornamenti non ci sono, ma analizzeremo insieme da dove arrivano Mario Monti e soprattutto Lucas Demetrios Papademos, i due podestà forestieri che la finanza mondiale rispettivamente sta per porre a capo del Governo italiano in un caso, e che ha già posto a capo di quello greco nell’altro.

Se invece pensate che non sia lecito e che dovremmo completamente disinteressarcene, per consentire a “chi sa” di “fare” mentre noi, come spiega bene The Crisis of Democracy, ce ne stiamo tutti in apnea, tranquilli tranquilli ai margini del dibattito pubblico, allora per me non ci sono problemi. Mi basta che tutti insieme prendiamo atto del fatto che il termine “democrazia”, così come è comunemente inteso, è una favola buona per addormentare i bambini. Anche questo è un risultato utile, perché peggio della consapevolezza di poter contare su un diritto di rappresentanza limitato c’è solo l’illusione di sovrastimare la storia del popolo sovrano.

In ogni caso, io sono tra coloro che ritengono utile accendere i riflettori e cercare di capire cosa si muove tra gli alberi, laggiù, al limitare del bosco.

Per approfondire, vi consiglio il post Tutto tranne democrazia sul mio blog.

Ps: qui trovate il mio intervento di giovedì sera a Servizio Pubblico.

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