Abbiamo vissuto una settimana davvero piena di nervosismo e di emozioni. L’incertezza e la debolezza del Governo Berlusconi hanno accresciuto le paure degli investitori che hanno venduto in massa grandi quantità di titoli pubblici e privati italiani. Lo spread tra il rendimento dei titoli a medio termine italiani e quelli tedeschi è salito a livelli prossimi ai 600 punti base, il rendimento implicito richiesto per acquistare titoli pubblici italiani è salito al 7 per cento. Martedì e mercoledì sono state giornate da cardiopalma.

Finalmente Berlusconi ha capito che doveva fare un passo indietro dopo la votazione alla Camera del Rendiconto dello Stato. Si è di fatto aperta la crisi di governo. Anche se, ancora una volta, le procedure seguite sono irrituali. Le dimissioni sono state smentite, annunciate da giornalisti organici al Pdl e poi promesse per una data futura. In qualunque paese europeo il primo ministro avrebbe direttamente presentato le dimissioni senza tirarla troppo per le lunghe.

Ci siamo abituati, purtroppo, ad essere un paese “diverso”, e sempre in senso negativo. Questo anche contribuisce al pessimo giudizio che i mercati e molti osservatori stranieri hanno sull’Italia.

Quanto ci vorrà al nostro paese per recuperare credibilità? Quanto è costata questa perdita di reputazione? Difficile quantificare, ma certo i nostri imprenditori e chiunque stia andando all’estero per lavoro ha modo di toccare con mano la sorpresa e l’ironia con la quale ci guardano i nostri partner stranieri.

Si preannuncia ora un incarico a Mario Monti, docente di economia all’Università Bocconi ed ex Commissario europeo. Persona di grande integrità intellettuale e prestigio internazionale. Uomo indipendente. Monti non ha risparmiato critiche ai governi che si sono succeduti alla guida dell’Italia negli ultimi 10 anni. Monti da Commissario europeo per la tutela della Concorrenza si è battuto in difesa dei consumatori ed è stato protagonista di sentenze storiche contro Microsoft, dimostrando di non avere timore reverenziale nei riguardi dei poteri forti. E attirandosi critiche feroci dagli Stati Uniti.

Diciamo la verità nell’esperienza italiana degli ultimi 20 anni: solo, ripeto solo, i governi guidati dai tecnici hanno avuto il coraggio di realizzare riforme significative. Si pensi ad Amato, a Dini, a Ciampi e allo stesso Prodi che nel suo primo governo (1996) non era un parlamentare ma un tecnico. La performance dei politici di professione negli ultimi 20 anni è stata a dir poco deludente in Italia.

Detto questo restano aperte varie questioni.

A) quale programma intende realizzare Monti? Non basta dire che vorrà realizzare le misure che ci vennero richieste da Trichet e Draghi nella lettera di questa estate. Alcune di quelle misure non sono benefiche per l’economia italiana. Cancellare l’art. 18 dello Statuto dei lavoratori in questo momento non è certo un provvedimento necessario e utile.  Ridurre gli stipendi dei dipendenti pubblici non aiuterebbe certo la crescita. E così via. Sarà cruciale capire cosa vuole fare Monti. Poche cose dovrà fare: alcuni provvedimenti che diano il senso che l’Italia vuole risanare le sue finanze pubbliche ma anche crescere: ad esempio, l’introduzione di una imposta ordinaria sui patrimoni; la liberalizzazione di alcuni settori importanti; l’abolizione delle Province e magari l’accorpamento delle Regioni in quattro macro-Regioni; tagli mirati alla spesa pubblica; nuova legge elettorale. Punto.

B) qual è l’orizzonte di tempo che si pone? Non è pensabile che Monti possa governare fino alla primavera del 2013. Un simile orizzonte di tempo sarebbe solo un modo per consentire al centrodestra di far dimenticare agli italiani tutti i disastri compiuti in questi anni di governo.

Il Financial Times di oggi dice:  “C’è bisogno di leader, non di manager. Le competenze tecniche non sono sufficienti per la Grecia e per l’Italia”. Il prestigioso quotidiano britannico dice in sintesi: non discutiamo le grandi doti di Mario Monti, le sue qualità professionali e umane ma “la nomina di un tecnocrate non eletto dal popolo è tutto tranne che l’ideale”, la si comprende in tempi di emergenza, c’è sicuramente un significativo “appoggio per un governo ad interim e l’esperienza di una leadership tecnocratica è positiva”, però questa non è la soluzione dei mali, “sarebbe un errore fatale crederlo”.

La via maestra è una: sia in Grecia, sia in Italia  i nuovi governi devono stabilire “una chiara tempistica per le elezioni in modo che gli elettori non si sentano esclusi da un processo che chiederà loro enormi sacrifici (..), nulla può essere raggiunto senza il consenso popolare. In definitiva le “competenze manageriali non sono sufficienti” se non si mettono in gioco doti reali di leadership politica riconosciute attraverso le urne.

Napolitano allora dovrebbe indicare sin da subito (domenica ad esempio) una data chiara per le elezioni, come aprile o giugno 2012. Va superata nel più breve tempo possibile l’anomalia di un’alleanza tra maggioranza e opposizione. Va ripristinata la normale competizione democratica. Va soprattutto reso chiaro ai mercati, alle imprese italiane e straniere, alle famiglie italiane che presto ci sarà un nuovo governo politico legittimato a fare le altre azioni (dolorose ma necessarie) di ricostruzione di questo nostro Paese.

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