La Borsa di Milano

Anche il signor Brambilla ha deciso: “basta Berlusconi, sì al governo tecnico”. La Borsa stende un tappeto rosso all’uscita di scena del premier e proprio da Piazza Affari si leva l’urlo liberatorio degli imprenditori-indignados, quelli che non hanno alcuna remora a dare il benvenuto a Monti e l’addio a ‘Silvio’. Succede a Palazzo Mezzanotte durante il convegno su ‘impresa e reti’ organizzato dalla Camera di Commercio di Milano. Qui una platea di manager e imprenditori ascolta composta l’analisi delle prospettive che la categoria ha verso il futuro.

Renato Mannheimer scandisce numeri che suonano la campana a morto della fiducia. Poi sale sul palco un imprenditore che più milanese non si può. Si chiama Gian Luca Brambilla, imprenditore di Vimercate. Indignato. Se non bastasse è vicepresidente di Confcommercio di Monza e Brianza, la terra fertile in cui Berlusconi ha piantato radici. Forse una ragione in più al suo sfogo. Non chiede di voltare pagina ma di archiviare la Seconda Repubblica e il berlusconismo in cui aveva creduto. Le parole sono pietre: “Basta. Basta con la politica. Ci ha dissanguato, ci ha esposti alla fame delle banche, alla mercé del mercato, tra le grinfie di commercialisti e notai senza scrupoli che hanno usato la politica per dribblare le liberalizzazioni e mantenere i loro privilegi. Tutti hanno continuato a mungere gli imprenditori. Benedetto sia il governo tecnico”.

L’atmosfera si scalda e in un attimo palazzo Mezzanotte, sede di una Borsa ormai lontana, telematica e fredda, sembra allineata al dito medio di Maurizio Cattalan che è appena li fuori, al centro di Piazza Affari. E le sue parole di indignato sembrano fare eco a quelle degli studenti che, nella vicina piazza Cordusio, se la prendono con banchieri e affaristi che hanno divorato le loro speranze e il loro futuro. Alcuni ragazzi bruceranno simbolicamente il debito pubblico italiano incendiando facsimili di titoli di stato. Gli stessi di cui si parla nel cuore della Borsa. Bot e Btp. L’ente camerale milanese ne annuncia l’acquisto per un milione e la disponibilità (teorica) delle imprese milanesi a sostenere la ripresa sottoscrivendone fino a due miliardi. Ma gli imprenditori-indignados vedono nero e si dicono pronti a fare la loro solo a certe condizioni. Lo racconta Manheimer illustrando la ricerca Ispo che registra la caduta libera degli indici di fiducia della categoria (-9 punti). Il colpo di grazia è l’aumento dell’Iva deciso dal governo: per il 71% degli imprenditori è fumo negli occhi.

In prima fila i big Alessandro Profumo, Meomartini (Assolombarda), Bruno Ermolli (Promos), Giuseppe Sala (Expo 2015 Spa). Si ragiona di rete del sistema imprenditoriale da costruire per evitare il tracollo e invertire la rotta della crisi. Anche i medi imprenditori, quelli che fanno l’economia nazionale, prendono la parola. “Chiedo un governo che ci rappresenti con serietà in Europa”, spiega ancora con toni pacati Erica Corti, titolare di un’agenzia di comunicazione. Ma è quando tocca all’indignados-Brambilla che viene fuori la rabbia vera di chi fa ha fatto impresa nella crisi e al tempo di Berlusconi. “Abbiamo subito una politica irresponsabile – dice l’imprenditore che si occupa di e-procurament – rispetto alla crisi finanziaria mondiale che non ha fatto nulla e ha finito per aggravare la situazione rendendoci ridicoli agli occhi dei mercati e complicando ancora di più l’accesso al credito per le imprese. Berlusconi ha lasciato che la crisi finanziaria si trasferisse nell’economia reale”.

Il signor Brambilla non chiede discontinuità, chiede che B. esca per sempre di scena. “Io l’ho votato ed è stata per me e molti imprenditori un’enorme delusione. Gli abbiamo dato il voto garantendogli la più ampia maggioranza dal dopoguerra perché cambiasse le cose riformando il Paese. Invece ha bruciato questo capitale di fiducia. Poteva entrare nella storia, ha preferito entrare in un letto. Ora mi auguro che la fine di schianto del governo dia una scossa agli italiani, provochi uno choc positivo nel Paese. Abbiamo bisogno di costruire da capo. Molto meglio un governo tecnico di quello del bunga-bunga”. Il presidente della Confcommercio Carlo Sangalli sostiene che un imprenditore su due è disponibile a comprare i titoli di stato. Lei Btp e i Bot li comprerà? “Io l’ho già fatto in passato. Gli imprenditori possono accollarsi una parte del debito pubblico. Ma perché non facciamo in modo che questo gesto di responsabilità porti dei benefici in termini di accesso al credito? Questa è una delle prime cose che chiederei a Monti che tra l’altro è il mio Rettore. Dandogli (più che mai) il benvenuto”.

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