Silvio Berlusconi pensa di blindare le sorti del governo con la fiducia sul maxiemendamento, ma l’opposizione avrebbe pronto un contropiano per farlo cadere. Un contropiano che dovrebbe cominciare a realizzarsi già martedì, quando la Camera dovrà votare il rendiconto generale dello Stato, provvedimento sul quale l’esecutivo era già andato sotto qualche settimana fa. L’approvazione è richiesta dalla Costituzione e indispensabile per la stabilità dei conti pubblici. Il rendiconto quindi passerà, ma – ecco la strategia di cui si parla nei corridoi romani – in modo da rendere manifesta l’inesistenza di una maggioranza di governo. Vale a dire con il voto contrario di molti “malpancisti” del centrodestra – con le ultime defezioni i sostenitori di Berlusconi a Montecitorio precipitano pericolosamente verso i 300, insufficienti a tenere – ma con le palesi (e momentanee) stampelle offerte dall’opposizione.

A questo punto, afferma la presidente del Pd Rosy Bindi, se il presidente del Consiglio non si farà da parte annunciando le proprie dimissioni, “ci sarà un atto parlamentare di fronte al quale trarremo le conseguenze che noi chiediamo da tempo: o un governo di responsabilità nazionale o le elezioni”. Lo strumento che potrebbe essere utilizzato è una mozione di sfiducia “costruttiva” che, anche se non prevista nel nostro ordinamento, mostri la volontà politica di mandare a casa l’esecutivo per sotituirlo immediatamente con uno nuovo in grado di varare le misure anticrisi e fare le riforme. Ovviamente la decisione dovrebbe passare per il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che si troverebbe di fronte un’alternativa già discussa tra i partiti. Tra i nomi che circolano con maggiore insistenza come guida dell’ipotetico nuovo governo ci sono Mario Monti e Gianni Letta.

Un ruolo di primo piano in questa tessitura l’avrebbe avuto Pier Ferdinando Casini, che ha appena accolto nell’Udc i transfughi del Pdl Ida D’Ippolito Viale e Alessio Bonciani. E starebbe lavorando su altri. Per tutti i berlusconiani convertiti – anticipa l’agenzia Ansa – sarebbe pronta una casa comune in cui convergere, la cosiddetta Costituente dei moderati, popolari e riformisti, che a breve potrebbe costituirsi come gruppo alla Camera.

Il progetto avrebbe il pieno appoggio del presidente della Camera Gianfranco Fini, e di Fli, e del Pd, i cui leader vanno ripetendo in queste ore che il governo Berlusconi ha “le ore contate”. L’agenzia Adn Kronos riferisce di un incontro riservato avvenuto oggi tra Casini e il segretario del Pd Pier Luigi Bersani. All’ordine del giorno, appunto, la strategia comune da adottare nella votazioni della prossima settimana per affondare il Cavaliere.

Per Berlusconi si profilano guai anche al Senato. Il gruppo raccolto dall’ex ministro dell’Interno Beppe Pisanu si starebbe allargando, in più si parla di alcuni senatori piemontesi in contatto con Luca Cordero Montezemolo, e di altri ancora tentati dall’Udc. Lamberto Dini ha manifestato la disponibilità, all’occorrenza, di proporsi come candidato a guidare una fase di transizione. Sul maxiemendamento i senatori ‘ribelli’ – al momento se ne conterebbero una decina – potrebbero non far mancare il proprio voto. Ma si trattarebbe di una fiducia condizionata: per ottenere il via libera sulle misure promesse all’Europa, Berlusconi dovrebbe annunciare le dimissioni in aula.

Il presidente del consiglio, però, al momento non sarebbe intenzionato a recedere. La linea discussa con i collaboratori sarebbe quella di resistere a oltranza. E in caso di crisi, invocare le elezioni immediate. Se invece passasse l’ipotesi di governo tecnico, il Pdl resterebbe all’opposizione. Intanto si fa sentire un altro “frondista”, l’ex ministro Claudio Scajola, intervenuto a Porta a porta: “Bisogna allargare la maggioranza di governo, non attraverso un golpe di palazzo. Alcuni giornali cosiddetti amici del centrodestra hanno confuso la chiarezza del dibattito politico con un attentato alla disciplina. Berlusconi non può essere allontanato dal tradimento di qualcuno. Se ritiene di poter fare questa svolta gestendo lui stesso la presidenza del Consiglio lo faccia, altrimenti si faccia da parte”.

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