“Consegnai al senatore Putignano, in occasione di un appuntamento con lo stesso avvenuto nei pressi di Roma-Eur, una busta contenente circa 230 milioni di lire in contanti”. Era il 1993, l’anno di Mani Pulite, e a parlare era Giuseppe Bonifacino, all’epoca dirigente di Siemens Nixdorf, e attuale direttore operativo di Tecnoindex spa. La tangente all’epoca era servita per corrompere il senatore Psi Nicola Putignano, al fine di ottenere un appalto miliardario per la fornitura di computer presso il ministero del Lavoro. Lo si legge negli atti del Senato, e più esattamente in una domanda di autorizzazione a procedere contro l’allora senatore socialista, firmata dai pm Antonio di Pietro, Piercamillo Davigo e Francesco Borrelli. “Siemens avrebbe dovuto fornire calcolatori elettronici per 17 miliardi di lire per gli anni 1990-1993″, spiegava Bonifacino ai magistrati. E grazie alla tangente, Siemens ottenne il contratto.

Curiosamente, proprio in questi giorni, lo stesso dirigente, che dalla Siemens è passato alla Tecnoindex spa, si è aggiudicato l’appalto per la gestione dei servizi informatici della Camera dei deputati (15 milioni per tre anni). Vent’anni dopo, cambiano i nomi delle società, ma non le persone.

A nulla, infatti, è valso il ricorso della società che è ha perso la gara, la Business-e di Ravenna. Come anticipato da Il Fatto Quotidiano.it l’impresa romagnola aveva denunciato il fatto che dietro Tecnoindex ci fosse un gioco di scatole cinesi mirato a nascondere i proprietari: la società risulta partecipata al 94% dalla Brianza fiduciaria, che a sua volta è controllata dalla lussemburghese De Vlaminck.

In questo modo, secondo i legali di Business-e, sarebbe stato violato il divieto di intestazione fiduciaria previsto dal codice degli appalti pubblici, finalizzato, tra le altre cose, a prevenire le infiltrazioni mafiose. Ma il collegio d’appello presieduto dal deputato Pdl Maurizio Paniz ha deciso proprio in questi giorni (come ha fatto sapere una nota della Camera) di confermare l’aggiudicazione a Tecnoindex.

La fiduciaria avrebbe comunicato che quel 94% di quote schermate appartengono alla società romana Nous Informatica. Resta il fatto, però, che Montecitorio si ritrova in affari con i commercialisti brianzoli che amministrano Tecnoindex per conto di Nous Informatica. Tra questi spicca Franco Riva, socio di Brianza Fiduciaria, ed ex sindaco di Giussano in quota Udc. Durante il suo mandato, il Comune balzò agli onori della cronache per aver rilasciato un documento d’identità falso a un superlatitante della ‘ndrangheta.

Inoltre, da luglio scorso, Riva risulta indagato per corruzione in un’inchiesta urbanistica. Tra i suoi “protettori” ci sarebbe l’ex assessore regionale all’Ambiente, il brianzolo Massimo Ponzoni (Pdl), arrestato l’anno scorso per corruzione in una maxi-operazione antimafia: avrebbe ricevuto alcuni boss della ‘ndrangheta nel suo ufficio. Infine, il presidente della Brianza fiduciaria, l’avvocato milanese Federico Di Maio, fu arrestato nel 2007 per riciclaggio di valuta estera dalle Fiamme Gialle di Reggio Calabria.

di Elena Boromeo

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