Con tutto il rispetto dovuto alla seconda carica dello Stato, ma anche alla propria intelligenza, non posso non ricordare che il presidente del Senato, Renato Schifani, negli anni Ottanta sia stato socio, nella Sicula Brokers, di due personaggi condannati in seguito per reati di mafia: uno di questi era Nino Mandalà, futuro boss di Villabate. Circostanza, certo, penalmente non rilevante, anche se verrebbe da dire: dimmi chi sono i tuoi soci e ti dirò chi sei.

Negli anni Novanta, però, l’avvocato Schifani divenne esperto di fiducia, per le questioni urbanistiche, del sindaco di Villabate, Comune sul quale Mandalà esercitava la sua influenza malavitosa.

Delle due, l’una: o ha sbagliato Mandalà, uomo d’onore al servizio di Bernardo Provenzano, a consentire che fosse affidato a un un professionista “al di sopra di ogni sospetto” un Piano regolatore su cui la mafia nutriva i suoi interessi criminosi oppure ha sbagliato chi ha proposto a un uomo, forse, “al di sotto di ogni sospetto“, di ricoprire la seconda carica dello Stato.

Qualcuno, di certo, ha sbagliato.

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