C’è un legame molto stretto tra avvocatura e legalità. E banalmente, tra magistratura e legalità. La magistratura e l’avvocatura presidiano la legalità e dunque la democrazia. L’avvocatura bilancia il precipuo controllo della magistratura ed è chiamata a tutelare i diritti fondamentali.

Avvocatura e magistratura compongono l’ossatura di questo Paese e hanno un ruolo importante dinanzi a tentativi assolutistici e antidemocratici di far cadere nell’oblio i diritti scolpiti dai nostri padri costituenti. Tentativi che sono ricorrenti.

Si è appena svolto a Catania il congresso dell’Associazione Italiana Giovani Avvocati (Aiga) che riunisce l’avvocatura under 45 e rappresenta una delle più importanti associazioni forensi. E’ stato eletto il nuovo presidente, Dario Greco, che guiderà il prossimo delicato biennio.

Il tema del congresso è stato quello della legalità, che ha visto dibattere l’avvocatura con la magistratura, con l’Associazione Nazionale Magistrati, con membri del Csm, con i parlamentari della Commissione giustizia, con esponenti dei partiti italiani.

Ciò che è emerso forte e netto è la necessità di recuperare il ruolo dell’avvocatura, abbandonato negli anni, nel ripristinare la legalità in questo Paese. Per intraprendere tale percorso l’avvocatura deve cambiare profondamente e ritornare ad assumere rigore, prestigio, autorevolezza, serietà e dunque credibilità.

L’avvocatura più giovane si adopererà per pretendere un maggiore controllo interno, con Ordini che non abdichino alle funzioni disciplinari, anzi esercitandole con serietà e rigore senza distinzioni e uniformemente. Il Codice Deontologico, riformato negli anni, viene applicato troppo sobriamente, basti esaminare i numeri espressi dagli Ordini e dal Consiglio Nazionale Forense.

Il Codice Deontologico è strumento di rigore professionale ed è posto a garanzia dei cittadini che vengono tutelati e assistiti dall’avvocatura. Minore è il controllo esercitato dagli Ordini e dal Consiglio Nazionale Forense, maggiore diviene lo scadimento dell’avvocatura e dunque la perdita di credibilità, immagine e autorevolezza presso l’opinione pubblica.

Un controllo rigoroso è necessario dinanzi alla “proletarizzazione” dell’avvocatura, al cospetto di circa 200 mila avvocati iscritti agli albi.

L’avvocatura più giovane (50%) dovrà poi spingere per un cambiamento radicale della politica forense e per fare ciò dovrà riprendere ad esprimere con vigore idee originali, passione, etica (vera e autentica, non quella declamata e poi rinnegata nei fatti) senza mostrarsi accondiscendente con chi non vuole il bene di questo Paese. Dunque più rigore, più diritti, più autonomia e per fare tutto ciò urge un rinnovamento della dirigenza.

La politica forense (e dunque l’avvocatura) è da circa 20 anni nelle mani dei soliti noti. L’impressione è però che l’avvocatura negli ultimi anni abbia toccato il fondo, posto che è stata erosa dal legislatore nella propria area professionale, aggredita da Confindustria e dall’Autorità con un delirio liberalizzatore pro domo sua, incapace di battersi per una riforma seria e definitiva della giustizia; non ha saputo arginare la crescita incontrollata degli avvocati così consentendo solo ai più meritevoli di accedere alla professione, non ha saputo garantire alcuna uniformità di giudizio (tanto nell’accesso quanto nell’applicazione del Codice Deontologico).

Pare che la responsabilità sia ignota. La negazione gerontocratica delle responsabilità e la detenzione illimitata del potere purtroppo sono un grave problema culturale, generale.

La giovane avvocatura inizierà ad assumere direttamente la politica del cambiamento e la responsabilità delle scelte. Attenzione però, questo il mio monito, e vale per la politica in generale: non occorre solo cambiare la classe dirigente politica, ma occorre cambiarla con le persone giuste, competenti e rette moralmente, facendo si che la rettitudine e la moralità non vengano meno nel tempo. Buoni antidoti sono la selezione rigorosa di chi vi accede, il costante ricambio della classe politica, evitando di dare deleghe in bianco, vietando il cumulo delle cariche.

In tale percorso sarebbe auspicabile che vi fosse pure un’Associazione Giovani Magistrati, che ancora non esiste. La magistratura dovrebbe uscire dal correntismo che condiziona l’azione del Csm e l’operato della magistratura in genere, rendendola meno libera e indipendente. Se vi fosse una spinta unitaria della giovane magistratura, un tale percorso sarebbe più agevole.

Ora è il momento di cambiare tanto, per il bene di tutti.

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