Lombardia e Campania sono le due regioni con il maggior numero di detenuti. La prima ne conta 9312, a fronte di una capienza regolare di 5652. La seconda 7779 quando per legge potrebbero starcene al massimo 5734. Un sovraffollamento che rischia di peggiorare con la diminuzione dei fondi prevista dal governo: il ddl stabilità contiene tagli lineari al comparto sicurezza per 60 milioni di euro. Troppo, tanto da scatenare la protesta dei sindacati di polizia, che hanno manifestato in piazza.

Nel settore penitenziario significa un abbattimento delle possibilità di spesa che va dal quindici al venticinque per cento. “La situazione non è rosea”, ammette il Provveditore all’amministrazione penitenziaria della Regione Lombardia Luigi Pagano, che aggiunge: “Non a caso il governo ha dichiarato lo stato di emergenza e nominato Franco Ionta come commissario straordinario”. Era il gennaio 2009, ma da allora ad oggi grossi cambiamenti nello stato complessivo delle carceri non se ne sono visti. “C’è prima una fase burocratica, dopo comincerà quella pratica, e credo che per almeno due o tre anni non vedremo nulla”, spiega ancora Pagano. La parte burocratica vuol dire soprattutto rimettere a posto le strutture e crearne di nuove: “A Pavia, Voghera e Verona ci sono padiglioni che dovrebbero essere funzionali a fine anno”. Non molto diversa la situazione in Campania: il provveditore delle carceri Tommaso Contestabile racconta che “sono in corso da un anno e mezzo lavori in un padiglione del carcere di Poggioreale. E ci sono ristrutturazioni anche anche nei penitenziari di Carinola, nel casertano, e di Ariano Irpino, nell’avellinese”.

Ma il problema del sovraffollamento resta. Diversi esponenti del partito Radicale da tempo insistono sulla necessità di un’amnistia o un’indulto. Non condivide il ministro della Giustizia Francesco Nitto Palma che, durante un dibattito sul tema tenuto al Senato lo scorso 21 settembre, le ha definite “misure tampone fatte perché non si vuole risolvere il problema alla radice”. Sull’ipotesi i due Provveditori non si esprimono: “Il mio è un ruolo amministrativo, non politico, ciascuno deve parlare nell’ambito della propria competenza”, dice Pagano. Più analitica la risposta di Contestabile: “In Campania, quando ci fu l’indulto qualche anno fa, quasi il 40% dei detenuti fu rimesso in libertà. Ma poi il legislatore sarebbe dovuto intervenire per evitare che la situazione tornasse quella di prima”. Con provvedimenti come, ad esempio, “la depenalizzazione dei reati bagatellari (piccoli furti e altri reati minori con pena massima inferiore a due anni, ndr)” o una facilitazione per quanto riguarda l’accesso alle misure alternative alla detenzione “anche per i recidivi”, ai quali oggi sono quasi precluse. “In Regione – spiega il Provveditore all’amministrazione penitenziaria della Campania – i recidivi rappresentano il 13,5% della popolazione totale dei detenuti”. Poter applicare anche a loro misure alternative significherebbe svuotare un bel po’ di celle. Ma, ammette Contestabile, “sono decisioni poco popolari tra l’elettorato, il politico di turno rischia di sentirsi accusare, a seconda del periodo, di avere il polso troppo morbido o troppo duro”. E se la Lombardia è la regione con il più frequente utilizzo di misure alternative, al sud la loro applicazione è ostacolata anche da un fattore sociale, visto che di occasioni di lavoro, fuori, ce ne sono poche.

Sul problema del sovraffollamento anche il sindacato autonomo di polizia penitenziaria (Osapp) ha avanzato una proposta: spostare i tossicodipendenti dalle carceri a strutture ad hoc. Il provveditore Pagano concorda in pieno, salvo far notare che se non viene messa in pratica è per la carenza di comunità di recupero: “Qualcuno deve pur pagare, e chi li mette i soldi?”.

Certo non siamo, né in Campania né in Lombardia, ai livelli dell’Emilia Romagna, dove una recente circolare del Dap ha avvisato che nel carcere di Bologna potrebbero mancare i soldi persino per il vitto dei detenuti. Ma la penuria di fondi c’è, si sente e non è una novità dell’ultima ora. “Tagli che vanno dal 10-15% al 20-25% si fanno ogni anno, e non da questa legislatura”, ricorda Pagano. E a subirne le conseguenze è proprio chi sta dentro. Che non sempre può contare su una figura istituzionale: il Garante dei diritti del detenuto esiste in 22 Paesi dell’Unione Europea, ma in Italia non è mai stata emanata una legge che lo preveda a livello nazionale. E così capita che ogni Regione si organizza come crede: in Lombardia un Garante c’era fino allo scorso anno ma l’incarico non è stato rinnovato. In Campania da qualche anno questo ruolo è ricoperto dalla professoressa Adriana Trocco, nominata dalla giunta regionale. In altre parti d’Italia la figura coincide con quella di difensore civico.

Ai provveditori tocca occuparsi solo dell’aspetto gestionale. E con senso pratico spiegano che “all’inizio di ogni anno arriva la comunicazione del budget disponibile: non viviamo sulla luna, sappiamo che i fondi sono quelli che sono e quindi ci vuole anche fantasia per utilizzare al meglio le risorse”. Finché ce ne saranno.

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