“I voti si compravano. Ho ricevuto soldi da tutti. Ho raccolto voti per un sacco di gente”. Il collaboratore di giustizia Roberto Moio presenta uno spaccato che farebbe rabbrividire Cetto Laqualunque. Parla di Reggio Calabria. Dice cose che tutti sanno e che nessuno è mai riuscito a dimostrare in un’aula di tribunale. Se le dichiarazioni da lui rese ieri davanti alla Corte d’appello dovessero essere dimostrate dalla Direzione distrettuale antimafia, un giorno il processo dovrebbe celebrarsi allo stadio Granillo per quanti politici imputati ci sarebbero.

Non risparmia nessuno il pentito, un tempo uomo di fiducia del boss Giovanni Tegano. Roberto Moio è un fiume in piena nella seconda udienza del processo “Testamento”, in corso a Reggio, contro la cosca Libri e contro l’ex consigliere comunale di An Massimo Labate. Spuntano i primi nomi degli amministratori reggini. Alcuni erano già nell’aria, radio carcere li dava già come futuri ascoltatori. Altri sono completamente inediti. Il collaboratore di giustizia si è rivelato un fiume in piena e rispondendo alle domande del sostituto procuratore generale Franco Mollace non ha avuto freni dimostrando di poter provocare un terremoto nei palazzi della politica reggina.

Ha parlato di ‘ndrangheta e delle sue parentele pericolose. Ma anche di politica e dei rapporti che la famiglia mafiosa di Archi ha intrattenuto con gli amministratori della città e della Regione. “I Tegano avevano rapporti ottimi con l’amministrazione – ha svelato Moio – hanno sempre candidato qualcuno, hanno sempre appoggiato i politici. La maggior parte erano di destra. Gigi Meduri, Renato Meduri, il dottore Cellini (quando si è portata la sorella). Ad Antonio Franco gli abbiamo raccolto voti, così come a Raso. Questi erano i frequentatori, e con questa parola intendo i politici che salivano nel palazzo dei miei zii. C’ero io direttamente a quegli incontri. Di solito abbiamo votato sempre a destra. A sinistra ultimamente abbiamo portato a Nino De Gaetano. Lo appoggiava Bruno Tegano per fare un favore al dottore Suraci che c’è stato sempre vicino, durante e dopo la guerra di mafia. De Gaetano lo abbiamo aiutato moltissimo”.

Il collaboratore fa il nome anche dell’ex primo cittadino di Reggio, oggi governatore della Calabria, Giuseppe Scopelliti: “Abbiamo sempre votato il sindaco Scopelliti attraverso Peppe Agliano. Con lui avevamo rapporti ottimi. Qualche volta è salito anche dai miei zii. Agliano è venuto a chiedere i voti. Abbiamo appoggiato Scopelliti negli anni passati anche tramite Antonio Franco. Votammo sia lui che Scopelliti”. E sull’ex consigliere comunale Labate, imputato del processo “Testamento” con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa: “L’ho conosciuto da Ugo Marino, suocero di Demetrio Condello. Con Labate avevamo il saluto e forse qualche volta abbiamo preso un caffè. Io andavo da Ugo Marino per i vestiti e per qualche piccola fornitura di cocaina. Labate era molto amico di Mimmo Condello detto “Gingomma”».

Il sistema era semplice. La politica pagava e otteneva voti, consensi che comunque dovevano essere ricompensati pure con appalti e lavori da affidare alle imprese “amiche”: “I voti si compravano. Ho ricevuto soldi da tutti. Ho raccolto voti per un sacco di gente. Nelle ultime elezioni, con Alberto Rito abbiamo incontrato un politico che, se saliva, ci poteva dare appalti e lavori. Ma di lui non ricordo il nome. Carmelo Murina era il reggente di Santa Caterina dopo la morte di Moschera. Lui mi chiamava per aiutare Raso. Prima del mio arresto, invece, Enzo Pileio (anche lui imputato del processo “Testamento”, ndr) mi ha chiesto dei voti. Io gli avevo detto di recuperare qualcosa perché se mi impegno lo faccio con serietà. Poi ci siamo rivisti ma non mi ha detto più nulla”.

E per quanto riguarda le ultime elezioni regionali, secondo Moio, il candidato di riferimento sarebbe stato Alessandro Nicolò del Pdl, oggi vicepresidente del Consiglio regionale: “Nel 2010 abbiamo aiutato anche lui che ha festeggiato l’elezione in un locale nella discesa dell’istituto industriale. Mi sono stati chiesti voti pure da un politico di Pellaro che fa il primario. Adesso non ricordo come si chiama ma c’è nei verbali”. Non solo la Regione. La ‘ndrangheta si interessava anche delle comunali. Ed ecco spuntare il nome dell’assessore Demetrio Berna, ex coordinatore cittadino di Forza Italia («era aiutato dai Libri»), e di Paolo Gatto che, prima di ricandidarsi per un seggio da consigliere aveva tentato di competere per lo scranno più alto di Palazzo San Giorgio: “Voleva candidarsi a sindaco e ci ha detto: ‘dovete darmi una mano’. Ci siamo visti nel 2010 nella villetta di Santa Caterina e c’era anche Tonino Monorchio».

Un terremoto dopo un altro per il governatore della Calabria Giuseppe Scopelliti che, poche ore prima, aveva fatto sapere con un comunicato stampa di aver ricevuto un avviso di garanzia per la voragine finanziaria che ha lasciato dopo otto anni alla guida di Palazzo San Giorgio. Sarà sentito a novembre dai pm reggini che gli contestano l’accusa di falso in atto pubblico assieme ai tre revisori dei conti che hanno certificato i bilanci del 2008 e del 2009. Da una relazione disposta dalla Procura sarebbero emerse delle irregolarità contabili di cui, adesso, Scopelliti dovrà rispondere. Un reato che, secondo gli inquirenti, avrebbe commesso assieme all’ex dirigente del settore Finanze e Tributi Orsola Fallara, morta nel dicembre 2010 dopo aver ingerito acido muriatico. Gli ispettori del ministero dell’Economia Giovanni Logoteto e Vito Tatò hanno certificato che dalle casse del Comune mancano oltre 170 milioni. I bene informati sostengono che il “buco” in bilancio è molto più ampio.

“Siamo stati premiati dai reggini” aveva affermato il governatore Scopelliti all’indomani delle ultime amministrative che hanno registrato una facile vittoria di Demetrio Arena, l’ex direttore dell’Atam che lui ha imposto come candidato a sindaco per poi lasciarlo alle prese con i creditori della sua amministrazione. E mentre il Comune affonda qualcuno già propone un “modello Calabria” ispirato al “modello Reggio”. Anche Cetto Laqualunque sarebbe arrossito. Non Scopelliti che, davanti a un avviso di garanzia per falso in atto pubblico, ha rassicurato i calabresi sulle «responsabilità che mi vengono addebitate riguardanti, esclusivamente, aspetti tecnico-amministrativi, che esulano dalle mie competenze politiche, e per i quali vengo coinvolto a cagione del mio ruolo di sindaco del Comune di Reggio Calabria all’epoca dei fatti oggetto di indagine. Sono fermamente convinto che, nel corso dell’esame richiesto dai pubblici ministeri, potrò chiarire la mia totale estraneità ai fatti che oggi mi vengono contestati».

Dopo la deposizione di Moio, arrivano le prime smentite. Affermano di non aver mai avuto alcun rapporto con i Tegano sia Renato Meduri sia il governatore Scopelliti, che annuncia querele.

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