Cultura

Da Quarto Oggiaro per l’Italia deturpata
il nuovo romanzo di Gianni Biondillo

Il commissario Ferraro alle prese con un caso di omicidio che dalle periferie milanesi lo porterà ad attraversare la sua vita incasinata e lo scempio del nostro paese, nel suo disastro umano, politico e paesaggistico

di Valeria Gandus

Gianni Biondillo è un uomo fortunato. È nato nel posto giusto (Quarto Oggiaro, periferia milanese), abita nel quartiere perfetto (via Padova, melting-pot da manuale) e vive in un Paese (l’Italia) che se non ci fosse l’inventerebbe lui stesso. Come ha già fatto, del resto, con il commissariato di Quarto Oggiaro: prima che ne scrivesse nel suo romanzo d’esordio (Per cosa si uccide), non esisteva proprio. Oggi, invece, c’è e ci lavora perfino un commissario quasi omonimo del suo Ferraro, protagonista anche dell’ultimo romanzo: I materiali del killer (Guanda).

Biondillo è un uomo oculato: non butta via niente di quel che la vita e il caso gli offrono. Prendiamo Quarto Oggiaro, un indirizzo che nessun milanese ambisce a mettere sul biglietto da visita. Fedele alla regola aurea di scrivere di ciò che si conosce bene, ne ha fatto l’ambiente dei suoi primi romanzi. E oggi che con la famiglia vive in via Padova, dove credete che abbia fatto traslocare il commissario Ferraro?

Questa volta il respiro del romanzo è più ampio: investe Milano, colta un attimo prima del cambiamento, quando già si intravedevano le avvisaglie della “rivoluzione gentile” che ha portato Giuliano Pisapia a Palazzo Marino. Si sposta poi lungo l’Italia intera, in un viaggio che non attraversa più “il Paese dei limoni” di Goethe, ma il disastro politico, umano, paesaggistico (sì, Biondillo è anche architetto) nel quale quasi un ventennio di berlusconismo l’hanno precipitato. E, addirittura, sconfina all’estero: in Africa, nei Paesi dai quali provengono i nuovi migranti e, con loro, una nuova criminalità.

«È un libro che avevo in testa da quattro anni» dice Biondillo. «Poi, mentre finalmente lo scrivevo, la vita mi si è messa a disposizione offrendomi “i materiali dello scrittore”: Milano che cambiava sotto i miei occhi, la nuova umanità che mi è vicina di casa in via Padova. E l’Africa, dove ho avuto la fortuna di andare non come turista ma al seguito di un’organizzazione umanitaria».

Il risultato è più di un giallo, genere nel quale Biondillo fatica a identificarsi. «Ho una grande ammirazione per chi scrive i gialli veri: da quel punto di vista, i miei sono pessimi gialli perché stresso la trama, il mondo ci precipita dentro».

Questa volta Ferraro deve vedersela con una rapina in villa dove i morti sono due: il padrone di casa e il solito zingaro, il presunto rapinatore. Ma, soprattutto, con la strana vicenda di un extracomunitario particolare: un delinquente di mezza tacca che evade dal carcere grazie all’azione quasi militare di un commando di vera malavita. Chi è davvero Towongo Haile Moundou? Dove e da chi sta fuggendo nel viaggio che lo porta dalle brume del Nord al sole del sud?

I lettori fedeli di Biondillo (ne ha tanti, va da sé, soprattutto a Milano e dintorni, ma questa volta dovrebbe acchiapparne anche nel resto d’Italia), aspettavano da tempo il ritorno di Ferraro con le sue indagini e con la sua vita incasinata, l’ex moglie, la figlia ora adolescente. E, ora, anche un’ex fidanzata alla quale, guarda i casi della vita, è stata affidata proprio l’indagine su Moundou.

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