“La Polizia mi ha sbattuto fuori di casa, non so neanche dove dormire”. C’è Nicole Minetti, l’ex valletta e igienista dentale che è arrivata in consiglio regionale, e c’è Katia Pasquino, che martedì è stata sfrattata perché non pagava l’affitto e sbattuta in mezzo a una strada da agenti della Polizia. Loro rappresentano i due estremi dello tsunami generato da Karima el Mahroug, più nota come Ruby Rubacuori. Minetti e Pasquino, due universi paralleli che però si incrociano, senza saperlo, quando diventano le due protagoniste della notte del 27 maggio 2010. Quando la marocchina viene fermata, portata in questura e liberata dopo le pressioni del premier che la spaccia per la “nipote di Mubarak”. Per questo il presidente del Consiglio è oggi rinviato a giudizio per concussione e prostituzione minorile.

Quella sera Berlusconi era a Parigi e non poteva intervenire. Così allerta Minetti. È con lei che Ruby quel giorno esce dalla questura, dove era entrata alcune ore prima insieme con Katia Pasquino. È lei che aveva presentato la denuncia di furto: “Vivevamo insieme e mi ha rubato i soldi che servivano a pagare l’affitto”. Per questo, racconta Katia, “martedì mi hanno sfrattato”. Ma Ruby non si è limitata a questo. La marocchina “mi ha fregato due volte: perché mi ha anche convinto a ritirare la denuncia garantendomi che mi avrebbe ridato tutti i soldi e invece non mi ha mai dato niente”, si sfoga Katia. Che per la prima volta ricostruisce quanto accaduto dopo la notte del 27 maggio e accusa anche il suo legale dell’epoca: Roberto Tropenscovino, presentatole da Mora, dice. “Fu Lele a dirmi di andare da lui e di Mora io mi fidavo perché è sempre stato molto gentile con me e mi aveva consigliato di denunciare Ruby dicendomi: ‘Quella lì è una pazza, denunciala’”. Eppure “mi hanno truffato: Ruby, Mora, Tropenscovino. Ora sto cercando di capire se posso denunciarla di nuovo, perché mi ha rovinato la vita”.

Su una panchina dei giardini pubblici “Indro Montanelli” a Milano, Katia, tra una sigaretta e una telefonata alle amiche in cerca di un posto dove trascorrere la notte, racconta. “Dopo il suo arresto, Ruby era sparita da Milano. Poi a marzo è tornata e mi ha cercato. È stata molto gentile, si è scusata e mi ha garantito che mi avrebbe ridato tutto quello che chiedevo: 50 mila euro e i danni morali, io come una stupida mi sono fidata”. E invece “appena ho accettato lei mi ha portato dal suo avvocato (Paola Boccardo, ndr) e dallo studio ho chiamato il mio legale, Tropenscovino”. Per farti raggiungere? “No, perché non mi fidavo: volevano che ritirassi la denuncia, ma non avevano alcun documento in cui era scritto che mi avrebbero pagata, gli accordi erano questi. Così ho telefonato al mio avvocato per dirglielo, ‘guarda che qui non c’è scritto niente dei miei soldi’”. E lui? “Mi ha detto di fidarmi, che era tutto a posto e di ritirare la denuncia che poi i soldi me li avrebbero dati”. Katia si fida. E, accompagnata sempre e solo dal legale di Ruby, va a ritirare la denuncia a carico della minorenne El Mahroug. “Quando pochi giorni dopo vado a chiedere i soldi che mi avevano promesso loro mi rispondono che non mi danno un bel niente e mi consegnano una lettera in cui è scritto proprio nero su bianco”.

Oggi Katia si ritrova senza casa “e senza lavoro”, si lamenta. “Pensare che io ad Arcore non ci ho mai neanche messo piede, Berlusconi non l’ho mai visto né conosciuto; eppure di tutte le ragazze coinvolte, in un modo o nell’altro, io sono l’unica che ha avuto delle conseguenze negative da tutta la vicenda e mi ritrovo anche a dover tornare dagli inquirenti, ma io con questa storia non c’entro nulla”. Ma è considerata una testimone chiave almeno per quanto riguarda la vita che Ruby conduceva a Milano: le due vivevano insieme e i pm hanno già sentito più volte Katia. “L’ultima volta è stato il 7 luglio scorso, mi hanno anche detto che ci sono delle foto che mi ritraggono in giro con lei e mi hanno chiesto cosa mi raccontava quando andava ad Arcore”.

La marocchina di confidenze a Katia ne ha fatte molte. “Mi diceva che faceva sesso con il presidente Berlusconi e almeno due volte mi ha telefonato dicendomi che era ad Arcore e si annoiava, ma io non le ho mai creduto”, ricorda Katia. Ma oggi, a distanza di mesi e soprattutto con i riscontri trovati dagli inquirenti della frequentazione di villa San Martino da parte di Ruby, Katia è costretta a riconoscere la realtà, dice. “Una cosa che mi ha sempre stupito è la quantità di soldi che aveva; lei diceva che glieli davano i genitori, a volte ha detto che arrivavano dal presidente. Oggi devo credere che quello che mi raccontava era vero. Mi ricordo che una sera le scattai una foto: lei era sdraiata sul letto e aveva un ventaglio di banconote da 500 euro”.

di Lorenzo Galeazzi e Davide Vecchi

Da Il Fatto Quotidiano del 13 Ottobre 2011

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