Un momenti degli scontri che infiammarono il territorio tra Terzigno e Boscoreale

Non ci furono infiltrazioni camorristiche. Non ci furono finalità eversive e terroristiche. La guerriglia urbana scatenata l’autunno scorso nel vesuviano contro l’ipotesi di aprire una nuova maxidiscarica a Terzigno fu una protesta di popolo. Una protesta violenta e aggressiva, che sarebbe degenerata in numerosi reati. Una protesta che però, come è scritto in alcune informative di polizia giudiziaria, aveva ragioni legittime. E senza l’ombra della criminalità organizzata alle spalle.

Sono queste le conclusioni di alcune inchieste aperte tra le procure di Napoli e Torre Annunziata sui disordini e gli scontri che infiammarono la rotonda di via Panoramica, tra Boscoreale e Terzigno, il presidio dei movimenti-antidiscarica che per mesi hanno ostacolato il transito dei camion pieni di spazzatura diretti verso lo sversatoio di Cava Sari, mentre il governo Berlusconi ipotizzava di aprire un nuovo invaso molto più grande a poche centinaia di metri, in Cava Vitiello.

La Procura di Torre Annunziata ha notificato 31 avvisi di conclusa indagine. L’inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto Raffaele Marino e condotta dagli agenti della Digos di Napoli e del commissariato di Torre Annunziata ha raggruppato in un unico fascicolo tre mesi di proteste, tafferugli e aggressioni, tra la fine di settembre 2010 e il periodo prenatalizio. Ai 31 indagati si contestano a vario titolo i reati di resistenza a pubblico ufficiale, interruzione di pubblico servizio, lesioni ed invasione di edifici pubblici, tra camion vandalizzati e incendiati, sassaiole, lanci di sedie, offese, insulti e corpo a corpo con le forze dell’ordine.

Ci sono due eccezioni. Una persona deve rispondere di aver diffuso notizie false “atte a turbare l’ordine pubblico”: con un megafono montato in cima ad un’auto, ha fatto il giro del vesuviano comunicando che la polizia aveva caricato i manifestanti tra cui due donne incinte e bambini piccoli. Un altro indagato è accusato di vilipendio “per aver pubblicamente e intenzionalmente distrutto, appiccandole il fuoco, la bandiera dello Stato Italiano”. Sono rimaste ignote le persone che deposero alcune molotov lungo le strade che conducevano al sito.

Nel fascicolo di Torre Annunziata sono confluiti gli atti di un’inchiesta aperta dalla Dda di Napoli sulle presunte collusioni camorristiche, e poi trasmessa alla sezione antiterrorismo affinché valutasse la presenza di associazioni eversive dietro la protesta. I magistrati napoletani hanno ritenuto infondate entrambe le ipotesi, e hanno consegnato l’esito dei loro accertamenti alla Procura competente per territorio. Tra le trentuno persone che rischiano un processo, c’è un professore dell’Università di Napoli Federico II. Si chiama Angelo Genovese, è uno zoologo ed è uno dei leader del movimento antidiscarica. La Procura, sulla base dei rapporti delle forze dell’ordine, gli contesta di aver minacciato tre ufficiali di polizia giudiziaria e di aver istigato i manifestanti contro la polizia che stava smontando la tendostruttura ‘base logistica’ della protesta. Secondo Genovese “con questi avvisi di garanzia si avvia una nuova fase di repressione del movimento di Terzigno, nel tentativo di costruire l’ipotesi di un disegno criminoso raggruppando singoli episodi avvenuti in momenti, luoghi e contesti diversi, nel tentativo di colpire quella parte del movimento più attiva e sensibile politicamente”.

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