Non bastasse la guerra con le coop romagnole che hanno perso l’appalto milionario per le reti di gas, acqua e fognature- con la Cgil che sventola le carte della Prefettura e si augura che arrivino presto gli ispettori del lavoro nei cantieri- si apre un nuovo fronte: quello delle tariffe dei rifiuti.

Non c’è pace, ormai, per Hera in terra romagnola. Tutto è esploso nel corso dell’assemblea dei sindaci dell’agenzia d’ambito Ato, nella sede della Provincia di Forlì-Cesena, qualche giorno fa. Il rendiconto 2010 di Hera inviato ad Ato parla chiaro: si specifica che i ricavi del servizio rifiuti sono pari a 51.196.000 euro, uguale a più di due milioni rispetto al 2010 per effetto del recupero dell’evasione e dell’elusione. I costi, però, ammontano a 60.001.000 euro. Ne deriva un bel deficit di 8,8 milioni di euro che significa due cose: rincari delle tariffe e rimodulazione di alcuni servizi oggi gratuiti.

Sorridendo, il presidente della Provincia Massimo Bulbi ha spiegato così il deficit ai sindaci: “Significa che siamo stati contrattualmente bravi come Ato, abbiamo chiesto molti investimenti ad Hera e siamo riusciti a pagare il meno possibile”. E comunque, “oggi abbiamo aperto il confronto per andare incontro allo sbilancio di Hera, consapevoli che questa differenza sono servizi e investimenti fatti sul territorio. Sicuramente non arriveremo alla totale copertura dei costi, ma iniziamo il dibattito con i sindaci”. Così Franco Fogacci, direttore dell’unità territoriale Hera Forlì-Cesena: “Lo sbilancio è strutturale, non è cosa nuova. Negli anni sono cambiati i servizi e sono aumentati. Siamo i primi a comprendere che non si può arrivare a totale copertura immediata”.

Inevitabili, dunque, i rincari di tariffe. Ma non solo. Ancora Fogacci: “Penso ad esempio a servizi che diamo totalmente gratuiti, come il ritiro domiciliare degli ingombranti. Siamo arrivati a 28.000 ritiri in tutta la provincia”, che costa da solo oltre mezzo milione di euro.

Che fare, dunque? Posto che il sindaco di Forlì, Roberto Balzani, ritiene quella dei rincari in bolletta resta “una discussione assolutamente aperta”, prova di rispondere il suo assessore all’Ambiente, Alberto Bellini. Il quale mette in fila le priorità: “Rendere più efficiente la gestione, continuando le operazioni di riduzione dei costi generali”, ma anche “ridurre il livello (e non la qualità) del servizio per evitare costi maggiori del gettito attuale”, ad esempio contenendo il numero di passaggi di raccolta o il numero di contenitori “dove questi non sono frequentemente utilizzati”.

L’assessore  sostiene pure “la tariffa puntuale per le utenze non domestiche (attività commerciali e produttive), per responsabilizzarle al massimo recupero di materiali, ed evitare grandi differenze tra costi e ricavi per una singola utenza, come rilevato in questo anno”. Completano il quadro “meccanismi di premialità per chi conferisce nelle stazioni ecologicamente attrezzate e differenzia correttamente”, avviando una campagna di comunicazione “per rendere trasparenti i costi derivanti dagli abbandoni e i vantaggi della differenziazione” o “programmare la realizzazione di impianti di recupero nel territorio, per ridurre i costi di gestione delle frazioni differenziate, ad esempio riducendo i costi di trasporto”.

Hera, per ora, ricorda i principi generali e fa presente a tutti che è Ato l’organo che determina il livello di servizio e la ripartizione del costo del livello di servizio. Insomma, è il ritornello che filtra nella multiutility, “Ato non è un certificatore di decisioni altrui, ci mancherebbe. Il costo viene ripartito dagli amministratori, è una scelta politica”. Come dire: la palla, ancora una volta, la passiamo ai sindaci.

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