‘Internet come catalizzatore del cambiamento: accesso, sviluppo, libertà e innovazione’. Questo il titolo del Sesto Internet Governance Forum (IGF) delle Nazioni Unite che si è concluso sabato a Nairobi, la capitale del Kenya. Oltre 2000 delegati da oltre 100 paesi – burocrati, uomini d’affari, accademici, attivisti e proprietari di piccole aziende – per il primo forum internazionale su Internet in un paese sub sahariano.

Il focus della conferenza, durata dal 27 al 30, è stato Internet come medium per un cambiamento positivo e per lo sviluppo umano. Chengetai Masango, programme and technology manager del Segretariato dell’Onu per il forum, ha notato che “il forum ha dimostrato che è stato in grado di dare a ogni voce la stessa importanza”. Internet come elemento di democrazia e eguaglianza quindi. Già agli inizi di giugno Frank La Rue, il relatore speciale autore del documento per l’Onu “sulla protezione e la promozione del diritto alla libertà di espressione e opinione”, ha scritto che “Internet è uno dei diritti umani” e che l’accesso a Internet è particolarmente importante durante i periodi di instabilità politica. Il concetto di Internet come propulsore di democrazia è stato ribadito al forum. Masango ha sottolineato che i partecipanti che non sono potuti intervenire hanno seguito le discussioni in tempo reale e che molte domande sono venute da utenti del Brasile, del Burundi, della Nuova Zelanda e del Rwanda.

I paesi rappresentati all’IGF sono stati 125, di cui 53% appartenenti all’Africa, 29% all’Europa occidentale e agli altri stati, 11% all’Asia, il 4% ai paesi dell’America latina e caraibica e il 3% ai paesi dell’Europa orientale. Pochi i rappresentanti della Francia, della Russia e della Cina. Un totale di 38 partecipanti delle tavole rotonde sono stati in grado di prendere parte al forum via audio o video e sono state stabilite circa 2.500 connessioni da 89 paesi. Un’organizzazione grandiosa, con trasmissione in streaming e trascrizioni in tempo reale dei workshop. Parallelamente si sono anche tenuti 122 gruppi di studio, forum sulla “best practice”, cioè le procedure operative migliori da seguire, e incontri per futuri progetti. Samuel Poghisio, ministro per l’Informazione e le Comunicazioni del Kenya, ha enfatizzato l’impegno del governo a garantire l’accesso a Internet per una società più aperta e trasparente e ha presentato un piano per il 2030 in cui è previsto uno sviluppo basato su un’informazione completa grazie anche allo Web, e un’economia dove Internet favorisce lo spirito aziendale e l’innovazione. Importante il contributo di Hamadoun Toure, segretario generale dell’International Telecommunications Union, la speciale agenzia delle Nazioni Unite responsabile per le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, che ha descritto il lavoro dell’organizzazione dei 192 stati membri in materia di sicurezza informatica, protezione dei minori online e cambiamenti climatici, tre dei punti focali delle Nazioni Unite.

Il dibattito ha sottolineato il significato dell’Internet Governance non come attività marginale, ma come l’elemento centrale del programma di sviluppo internazionale che unisce nuove forme di accesso, crescita economica, innovazione, nuove libertà e diritti umani. C’è stato ampio consenso sulle questione fondamentale “a chi deve appartenere Internet?”: nessuno deve controllare la Rete, che deve rimanere indipendente e ben protetta. Questa è stata anche la tesi di Lawrence Strickling, portavoce della Casa Bianca: Internet deve appartenere a molti. Ha anche ammonito quei governi africani che accarezzano l’idea di tassare Google e Facebook: “È molto pericoloso”. Strickling ha evitato di parlare del ruolo dei servizi segreti nel proteggere gli interessi del governo su Internet.

Herbert Heitmann, portavoce delle comunicazioni della Royal Dutch Shell, la compagnia petrolifera più conosciuta come Shell, si è detto molto preoccupato per i tentativi di dare ai governi e all’Onu l’ultima parola in materia di Internet. “Il mercato spera che tutti gli azionisti continueranno a sostenere un Internet aperto, le sue organizzazioni, e quelli che hanno costruito Internet, che serve tutti gli utenti così bene”. Un altro argomento molto discusso è stato l’uso della banda larga per gli operatori di telefonia mobile, i cui costi sono ancora proibitivi per molti paesi dell’Africa. Il problema della banda larga diventerà centrale anche per i paesi ricchi quando molti più utenti scaricheranno contenuti più pesanti, in particolare i video.

Fra le varie organizzazioni presenti la Free Open Source Software for Africa (FOSSFA), che ha riferito che sta cercando di convincere i governi e gli uomini d’affari dei paesi africani a usare il software libero. Non solo questi preferiscono usare dei costosi programmi a pagamento, ma in Africa c’è un’ampia circolazione di software piratato gratuito che rende inutile l’uso dei programmi Open source.

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