Che cosa c’entra Giulio Tremonti con i monaci cistercensi e la Certosa di Pavia? C’entra, c’entra. Oddio, di questi tempi ha ben altri problemi, il superministro dell’Economia in rotta con il capo del governo asserragliato nel bunker. Ma intanto che il governo Berlusconi si sfalda, si sfalda anche la Certosa di Pavia. Un nuovo governo si potrà sempre metterlo insieme, mentre la Certosa, una volta disfatta, è persa per sempre.

La Certosa, dunque: uno dei monumenti artistici più conosciuti, apprezzati e visitati del Nord Italia. Tutta colpa di Gian Galeazzo Visconti, signore di Milano, che decise di dare l’avvio alla costruzione della Certosa per sciogliere un voto della sua seconda moglie, Caterina Visconti. La volle grande, ricca di tesori artistici, bellissima. Tanto grande e tanto ricca da essere giudicata scomoda e invivibile dai monaci che dovevano abitarla ed erano abituati alle dimensioni delle Certose francesi. Ma i potenti volevano un monumento per celebrare anche la loro gloria. Prima Gian Galeazzo, poi, quando il vento girò, ci mise del suo anche Ludovico il Moro, nuovo signore di Milano. Altre glorie da esibire, altri trionfi monumentali da lasciare ai posteri.

I posteri saremmo noi. Eccoci qui. Gian Galeazzo e Ludovico hanno voluto strafare, hanno cercato di stupirci con effetti speciali. E ci sono riusciti. La Certosa di Pavia era scomoda per i monaci che dovevano viverci pregando Dio, ma è un grande monumento per noi oggi. Peccato che vada in malora. Piccole sculture con le figure in marmo spezzate e portate via come souvenir. Strutture fatiscenti. Intere ali del complesso monumentale (tra cui la sacrestia vecchia, con il Trittico degli Embriachi) non visitabili. Perché? Perché la Certosa è del Demanio dello Stato e dipende dunque dal ministero di Giulio Tremonti. Che l’ha data in gestione ai monaci cistercensi che oggi la abitano. La convenzione è datata 1968, grande annata, ma è stata rinnovata pochi mesi fa, nel marzo 2011.

I monaci forse ce la mettono tutta, ma sono in undici e non ce la fanno a gestire e curare in maniera soddisfacente un complesso così ampio e delicato, assalito da migliaia di visitatori provenienti da tutto il mondo. Quanti sono? 750 mila all’anno, secondo i cistercensi. Almeno un milione, secondo le stime più attendibili. Ingresso gratuito, ma uscita a pagamento: un monaco aspetta i visitatori alla porta e chiede un obolo. Se anche solo la metà offre almeno un euro, sono 500 mila euro che entrano ogni anno, diciamo così alla chetichella, nelle casse del convento. Ma potrebbero essere anche il doppio. Non sarebbe più sano pretendere (come si faceva una volta) un biglietto d’ingresso, cifra bassa ma trasparente e documentata, e poi usare i soldi raccolti per difendere, gestire e restaurare la Certosa?

Il Fatto Quotidiano, 29 settembre 2011

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